L’Italia viola il diritto alla salute delle donne, che incontrano “notevoli difficoltà” ad accedere ai servizi di interruzione di gravidanza. E discrimina medici e personale medico non obiettore, non rispettando i diritti delle donne che sono così costrette a trasferirsi in altre strutture sanitarie o ad essere dissuase dal ricorso al servizio. Una situazione che può comportare “notevoli rischi” per la loro salute. Lo ha detto oggi il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa accogliendo un ricorso presentato dalla CGIL. La risposta del Ministro della Salute.
disagio donne“Le donne che cercano accesso ai servizi di aborto continuano a dover affrontare notevoli difficoltà ad ottenere l’accesso a tali servizi nella pratica, nonostante le disposizioni del legislazione in materia”, si legge nella Decisione del Comitato europeo dei diritti sociali, che aggiunge: “Le strutture sanitarie continuano a non adottare le misure necessarie al fine di compensare le carenze nella fornitura di servizi causate dal personale sanitario che decide di invocare il suo diritto all’obiezione di coscienza”. Per il Consiglio d’Europa la situazione è tale che “in alcuni casi , dato il carattere di urgenza delle procedure necessarie , le donne che intendono chiedere un aborto possono essere costrette a trasferirsi in altre strutture sanitarie, in Italia o all’estero , o a interrompere la loro la gravidanza senza l’appoggio o il controllo delle competenti autorità sanitarie, o possono essere dissuase dall’accedere ai servizi di aborto che hanno diritto di ricevere in base alla legge 194 del 1978”.
Secondo il Comitato, quest tipo di situazioni possono “comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è contrario al diritto alla protezione della salute”.

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