Commercio, Istat: a gennaio crescita zero e alimentari in stallo
A gennaio commercio ancora fermo e alimentari in stallo. Le vendite al dettaglio segnano infatti una “crescita zero” rispetto a dicembre dello corso anno, mentre scendono dello 0,9% rispetto a gennaio 2013, sintesi di flessioni dello 0,1% per le vendite di prodotti alimentari e dell’1,3% per quelle di prodotti non alimentari. L’indice delle vendite al dettaglio segnala una variazione nulla rispetto a dicembre mentre continua la crisi dei piccoli negozi: si compra sempre più spesso nei discount.
Secondo quanto rende noto l’Istat, nel confronto con dicembre 2013, a gennaio 2014 le vendite di prodotti alimentari mostrano una variazione nulla, quelle di prodotti non alimentari diminuiscono dello 0,1%. Rispetto a gennaio 2013, l’indice grezzo del totale delle vendite segna una flessione dello 0,9%, sintesi di flessioni dello 0,1% per le vendite di prodotti alimentari e dell’1,3% per quelle di prodotti non alimentari. Per questi ultimi, a gennaio si registrano variazioni tendenziali negative in quasi tutti i gruppi di prodotti, con l’eccezione di quelli relativi a Prodotti di profumeria, cura della persona (+1,7%) e Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni, telefonia (+0,2%). Le flessioni di maggiore entità riguardano, invece, i gruppi Cartoleria, libri, giornali e riviste (-3,0%), Foto-ottica e pellicole, supporti magnetici, strumenti musicali (-2,6%) e Prodotti farmaceutici (-2,2%).
Come evidenziato già da precedenti rapporti Istat, a “tenere” nelle vendite sono soprattutto la grande distribuzione e i discount. Nella Gdo le vendite aumentano, su base annua, dello 0,9% per i prodotti alimentari e dell’1,2% per quelli non alimentari, mentre nei piccoli negozi le vendite segnano un calo del 2,9% per i prodotti alimentari e del 2,3% per quelli non alimentari. Per gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare si registrano variazioni positive per tutte le forme di vendita: +3,1% per i discount, +0,6% per gli ipermercati e +0,2% per i supermercati.
La caduta delle vendite alimentari si protrae ormai dal 2007, afferma il Codacons, sottolineando che ormai gli italiani sono a “dieta forzata”. Per l’associazione i dati Istat confermano le difficoltà delle famiglie ad arrivare a fine mese e la conseguente caduta dei consumi: “Le vendite, infatti, scendono nonostante incorporino sia la dinamica delle quantità che dei prezzi. Se si considera che a gennaio i prezzi erano saliti dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,7% nei confronti di gennaio 2013 è evidente che le vendite al dettaglio diminuiscono in termini quantitativi anche rispetto a dicembre 2013. Sconcertante – prosegue il Codacons – il dato delle vendite dei prodotti alimentari, non tanto per la diminuzione registrata, in sé lieve, quanto perché, ormai, la caduta dura dal 2007. E’ da allora che gli italiani proseguono la loro dieta forzata, nonostante il cibo sia il bene necessario per eccellenza e quello più difficilmente comprimibile”.
“Inevitabile” che di fronte all’impoverimento e alla caduta del potere d’acquisto delle famiglie i consumi siano negativi, affermano Federconsumatori e Adusbef, che riportano i dati dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori per il quale nell’ultimo triennio il calo dei consumi arriverà al 9,5%, pari a una riduzione della spesa delle famiglie di circa 67,8 miliardi di euro. “Quel che è più grave è che, come fa notare oggi anche l’Istituto di Statistica, persino le vendite alimentari sono in stallo – commentano le due associazioni – Non esiste segnale più preoccupante per indicare la gravissima situazione di crisi vissuta dalle famiglie. La domanda relativa al settore alimentare, infatti, per sua natura è considerata generalmente anelastica, vale a dire difficilmente soggetta a modifiche rilevanti. Questo perché si tratta di un settore talmente delicato e vitale che è proprio l’ultimo ad essere intaccato in una situazione di crisi. Nel tentativo di risparmiare le famiglie acquistano sempre di più presso i discount, anche se, come emerso da uno studio effettuato dal nostro Osservatorio, si è ridotta notevolmente la differenza dei prezzi tra i discount ed i supermercati/ipermercati tradizionali, passando dal 35-40% degli anni passati all’attuale 28%”.
Altro elemento ormai costante è la crisi delle vendite nei piccoli negozi, mentre aumentano contemporaneamente i discount alimentari. Per Coldiretti, ormai molti negozi tradizionali stanno chiudendo e questo, “oltre ad effetti economici ed occupazionali, ha un impatto negativo legato alla riduzione dei servizi di prossimità, ma anche all’indebolimento del sistema relazionale, dell’intelaiatura sociale e spesso anche della stessa sicurezza sociale dei centri urbani”. Commentano gli agricoltori: “Siamo di fronte agli effetti della crisi che porta a dire addio al negozio di fiducia con quasi la metà degli italiani (47%) che si reca in diversi esercizi commerciali per acquistare il prodotto che cerca dove costa meno, magari aiutati da internet e volantini sui quali è guerra nel pubblicizzare offerte speciali e sconti. Con il 71% dei consumatori che dichiara di confrontare con più attenzione rispetto al passato i prezzi, gli italiani – sottolinea la Coldiretti – sono costretti a trasformarsi in veri detective della spesa: il 62% va a caccia delle offerte speciali 3 per 2 e degli sconti e il 42% cerca sempre e comunque i prodotti che costano meno. Le difficoltà economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a preferire l’acquisto di alimenti più economici prodotti spesso a prezzi troppo bassi per essere sinceri, che rischiano di avere un impatto sulla salute”.
Confesercenti a sua volta lancia l’allarme “desertificazione per i negozi alimentari”: sono rimaste ormai solo 95mila imprese, meno di 1,6 ogni mille abitanti. “Il Paese è ancora fermo. Come rivela il dato Istat sulle vendite di gennaio, il 2014 si apre con l’ennesima flessione, segno inequivocabile della mancata ripresa e del persistere delle difficoltà delle famiglie – commenta la sigla – Il Governo deve accelerare sulle misure a favore delle imprese e per il sostegno ai redditi più deboli, senza fare alcun passo indietro sulla platea dei beneficiari, semmai invece allargandola, per porre fine alla lunga crisi del mercato interno. Che è particolarmente grave per le piccole superfici, le cui vendite registrano variazioni tendenziali negative da maggio 2012, per 21 mesi consecutivi. La crisi dei consumi, unita all’eccesso di liberalizzazioni sugli orari e sui giorni di apertura, sta cancellando le PMI della distribuzione commerciale, desertificando le vie delle nostre città. Un fenomeno particolarmente evidente nel comparto del commercio alimentare: tra gennaio e febbraio, secondo le rilevazioni dell’Osservatorio Confesercenti, in Italia hanno chiuso circa 30 imprese al giorno, a fronte di 682 aperture in tutto il periodo, per un saldo negativo di 1.070 unità. In totale, nel nostro Paese rimangono attive solo 95.105 imprese del dettaglio alimentare, pari a 1,59 ogni 1000 abitanti”.