A maggio 2017 il valore delle vendite al dettaglio registra una lieve flessione (-0,1%) rispetto al mese precedente. Lo rileva l’Istat illustrando i dati relativi al commercio al dettaglio. La flessione è la sintesi di una diminuzione dello 0,8% della componente alimentare e della crescita dello 0,3% di quella non alimentare. In calo, anche, il volume delle vendite (-0,3%), conseguenza di una flessione dell’1,1% delle vendite di prodotti alimentari e di un aumento dello 0,1% delle vendite di prodotti non alimentari.

Nella media del trimestre marzo-maggio 2017, le vendite di beni alimentari registrano una variazione nulla in valore e diminuiscono dello 0,2% in volume; anche le vendite di beni non alimentari restano stazionarie in valore, mentre aumentano dello 0,1% in volume.

Rispetto a maggio 2016, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,0% in valore e dello 0,2% in volume. Per i prodotti alimentari si rileva una crescita dell’1,1% in valore e una diminuzione dell’1,0% in volume. Le vendite di prodotti non alimentari aumentano dello 0,9% in valore e dello 0,8% in volume.

Rispetto a maggio 2016, le vendite al dettaglio registrano un aumento dell’1,1% nella grande distribuzione e dello 0,8% per le imprese operanti su piccole superfici.

Dati non così negativi come potrebbero apparire”, commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Il calo rispetto ad aprile, infatti, era atteso, considerato che nel mese precedente c’era l’effetto Pasqua. Su base annua, invece, si registra un inatteso recupero delle vendite dei piccoli esercizi, sia alimentari (+0,3%) che non alimentari (+1%)”.

Nulla di straordinario, quindi, considerato che dal 2008 al 2016 i piccoli negozi hanno registrato un crollo delle vendite del 12,2%, -14,4% per gli alimentari e -11,6% per i non alimentari, ma pur sempre un’inversione di tendenza. “Anche nella grande distribuzione, tutte le tipologie di esercizio registrano incrementi nelle vendite, dai discount (+3,2%) ai supermercati (+0,4%)”, conclude Dona.

Da una ricerca dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori- emerge che soprattutto a partire dal 2013, si è ridotta notevolmente la differenza dei prezzi applicati nei differenti punti vendita. Mentre prima del 2013 la forbice esistente tra il costo della spesa presso un discount ed un supermercato ammontava a circa il 35-40%, oggi tale differenza è scesa al 29,3%, dopo aver toccato il picco più basso del 28% nel 2013. Un andamento che non riguarda i prezzi dei singoli prodotti ma interessa il costo complessivo della spesa, tenendo in considerazione il ricorso sempre più ampio alle offerte ed alle promozioni da parte dei supermercati e degli ipermercati.

La spesa settimanale di una famiglia di 4 persone, considerando lo stesso paniere di prodotti (ovviamente le marche non sono le stesse ed in alcuni casi la qualità non è paragonabile) risulta pari a 112,00 euro presso un supermercato (sfruttando, appunto, sconti ed offerte) e 79,20 euro presso un discount, con un risparmio, presso quest’ultimo, del 29,3%.

Al di là di dove acquistino, per Federconsumatori permane la difficoltà e la cautela di molte famiglie nei consumi: lo dimostra anche l’andamento dei saldi, in cui al momento si registra una “calma piatta” che smentisce il tiepido ottimismo della vigilia.


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