Bollette energia: la fine del mercato tutelato nel 2019. AACC: non va ancora bene
Slitta di un altro anno lo stop al mercato tutelato dell’energia. Dopo l’allarme lanciato dalle associazioni dei consumatori direttamente al Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, durante la riunione che si è svolta ieri tra maggioranza e Governo, è stata accolta la richiesta di Mdp di prolungare fino a giugno 2019 il sistema con tariffe fissate dall’Autorità per l’energia. Tariffe che, da un’analisi dell’authority, sono risultate più convenienti in media del 20% rispetto a quelle che i piccoli clienti riescono a spuntare sul libero mercato.
Nella lettera che le associazioni dei consumatori (Acu, Adiconsum, Adoc, Adusbef, Codacons, CTCU, Federazione Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Unione Nazionale Consumatori) avevano inviato a Gentiloni si manifestava chiaramente la preoccupazione per il “destino diabolico” delle 24 milioni di famiglie del mercato tutelato. Secondo quanto previsto dal Ddl, se entro il 1°luglio 2018 queste non avranno scelto il nuovo fornitore del mercato libero: “verranno inquadrate d’imperio nel servizio di salvaguardia e gli verrà applicato, di conseguenza, un prezzo di elettricità e gas del 20/30% superiore a quello sinora pagato nel mercato tutelato”.
La notizia di un ulteriore anno a disposizione per gli utenti per scegliere un nuovo operatore è sicuramente positiva ma, come sottolinea l’Unione Nazionale Consumatori, “Non basta”. Le associazioni infatti avevano espressamente chiesto al Governo di stralciare dal provvedimento gli articoli relativi alla soppressione del mercato tutelato.
“Anche se giugno 2019 è meglio del 2018”, spiega Massimiliano Dona, presidente UNC, “Non è accettabile che il libero mercato si faccia sulle tasche e sulla pelle delle famiglie italiane. L’articolo va soppresso definitivamente. Prima si creano le condizioni per un’effettiva concorrenza e poi si potrà eliminare il mercato tutelato. Non viceversa”. Inoltre, continua Dona, “va tolta la condizione capestro, secondo la quale chi non sceglierà nel frattempo il nuovo fornitore del mercato libero, finirà nel servizio di salvaguardia, pagando così il 20/30% in più rispetto a quanto paga finora”.