I cittadini non sono tutti uguali davanti al Servizio Sanitario Nazionale. Non solo perché i tempi di attesa per una visita specialistica o un esame sono diversi da Regione a Regione, ma anche perché sono diversi i costi a carico dei cittadini, sia per il prezzo della visita in sé sia per il peso del ticket e, nelle Regioni dove c’è, del superticket. Il risultato è un’Italia ancora una volta spaccata in due per quanto riguarda la soddisfazione dei cittadini, e un’estrema disuguaglianza sul fronte economico. Il quadro, decisamente poco rassicurante, emerge da due inchieste realizzate da Altroconsumo.
L’associazione ha evidenziato il grado di soddisfazione del cittadini (analizzando più di 4600 risposte) nei confronti del Sistema Sanitario Nazionale – discreta al Nord, soprattutto al Nord Est, mentre il Sud conferma la più alta insoddisfazione – e l’impatto del federalismo sanitario, confrontando i costi a carico dei cittadini per esami e visite, col peso di ticket e superticket che hanno un impatto diverso a seconda di dove si risiede. Da entrambe le inchieste, sintetizza Altroconsumo, “emerge un panorama quanto mai disomogeneo, e dove a buoni livelli di soddisfazione non corrispondono costi più alti per i cittadini, anzi. Proprio le due Regioni che ottengono il giudizio di soddisfazione migliore (Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta), nonché le due con il giudizio migliore del Centro Sud (Basilicata e Sardegna) sono le sole a non imporre il pagamento di un superticket”.
L’Italia è spaccata in due per quanto riguarda la soddisfazione dei cittadini nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale. Espresso con un indice da 0 a 100, il livello di soddisfazione  tocca i 75 punti in Valle D’Aosta, i 74 in Trentino, i 72 in Alto Adige, cala ma comunque non scende sotto i 63 punti nel Nord Est, ma crolla a un drammatico 42 in Calabria. In tutto il Sud e le Isole, nessuna regione riesce a superare il 57, toccato solo da Basilicata e Sardegna. Il Lazio si allinea con le regioni meridionali, con un 51. Nel complesso, a Nord, nel Nord Est e in Valle d’Aosta i cittadini sono abbastanza soddisfatti del Servizio Sanitario Nazionale, mentre a Sud e nelle Isole la situazione è completamente ribaltata. Il giudizio complessivo è dato soprattutto da quattro fattori: i servizi disponibili (per esempio quali visite specialistiche o esami offre la propria Asl), il tempo d’attesa prima della visita medica o dell’esame, il tipo e la qualità del servizio svolto dagli infermieri, le formalità burocratiche necessarie per prendere un appuntamento dal medico o dallo specialista.
Basti pensare al tempo necessario per accedere a una visita specialistica prescritta dal medico di famiglia. Spiega Altroconsumo: “Prendiamo i due estremi: in Valle d’Aosta il 35% dei cittadini accede alla visita specialistica ospedaliera entro una settimana, mentre solo l’8% deve aspettare due mesi o più. In Lazio solo il 14% dei cittadini accede alla visita in settimana, e ben il 39% deve sottoporsi alla lunga attesa di due mesi o più. C’è da stupirsi che il 60% dei cittadini si rivolga anche a studi e ambulatori privati?”. I lunghi tempi di attesa rappresentano spesso la molla che porta a rivolgersi al privato, il quale fra l’altro si sta attrezzando – evidenzia l’inchiesta – per offrire prezzi concorrenziali col pubblico. Accade così, si legge nell’inchiesta, che “solo il 35% dei cittadini si è rivolto soltanto al servizio pubblico, mentre la maggioranza (60%) ha frequentato anche studi e ambulatori privati, nella maggior parte dei casi per le cure dentali (coperte pochissimo dal sistema pubblico in Italia) e psicologiche (dove c’è anche una certa offerta pubblica, ma estremamente discontinua e variegata tra regioni). Chi usa soltanto servizi privati è una minoranza, ma c’è: il 5%”. E nell’ultimo anno ben il 13% degli italiani dichiara di aver rinunciato a cure mediche prestate dal servizio pubblico per motivi economici.
E si passa dunque al fronte economico, dove ancora una volta gli italiani non sono tutti uguali. Il “federalismo sanitario”, spiega Altroconsumo, ha dato libertà alle Regioni di stabilire propri tariffari per le prestazioni ambulatoriali: la stessa visita costa diversamente a seconda della Regione in cui si risiede. Esempi: una prima visita specialistica costa 18 euro in Basilicata e nella provincia autonoma di Bolzano, 26 euro nelle Marche, 28 euro in Lombardia, 37 in Piemonte, 39 in Friuli Venezia Giulia. “Insomma, a parità di prestazione, i prezzi cambiano in base alla geografia”, spiega Altroconsumo.
Questo è il risultato di più fattori. Da un lato, il Servizio Sanitario Nazionale stabilisce un tetto massimo di costo per ciascuna prestazione garantita dai cosiddetti Lea (i Livelli essenziali di assistenza). Ogni Regione, però, può stabilire tariffe proprie e non è affatto detto che lo stesso esame abbia tariffe uguali dalle Alpi alla Sicilia: infatti, se in gran parte delle Regioni la tariffa per un prelievo di sangue costa circa 3 euro, nelle Marche oltrepassa i 6 euro. E ancora: se la tariffa per un’ecografia completa dell’addome è mediamente di 65 euro, in Veneto è di circa 111 euro.
C’è poi il ticket, attraverso cui il cittadino partecipa alla spesa: in quasi tutte le Regioni, il ticket ammonta al massimo a 36,15 euro per ogni ricetta, con qualche eccezione: in Calabria è di 45 euro e in Sardegna è di 47,15 euroDal 2011, poi, s’è aggiunto il superticket, sempre a carico del paziente, e sempre con una grande varietà di applicazioni da Regione a Regione. Così ci sono quattro Regioni che non applicano alcun superticket (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Ba­silicata, Sardegna), nove lo applicano nella misura fissa di 10 euro a ricetta (solo per quelle di valore superiore ai 10 euro), quattro lo differenziano a seconda del reddito del paziente (chi a seconda dei parametri Isee, chi in base ad autocertificazione: sono Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Umbria) e altre tre in base al valore della ricetta (Campania, Lombardia e Piemonte).
“Tutto ciò rende ancora più disomogenee, a livello regionale, le spese per usufruire della stessa prestazione sanitaria. Il risultato è un catalogo di prezzi estremamente differenziato”, evidenzia l’inchiesta di Altroconsumo. Si prendano ad esempio le analisi del sangue di routine: sono in generale esami poco costosi e il superticket finisce spesso per raddoppiare il costo delle prestazioni, rendendo il privato più concorrenziale. Ci sono poi differenze territoriali e il risultato è che tali esami possono avere un costo totale a carico del cittadino che varia dai 35 euro delle Marche ai 13,20 euro della provincia di Trento, passando per i 22,60 euro del Lazio, i 22,25 della Lombardia, un range compreso (a seconda del superticket applicato) dai 14,60 euro ai 44,60 euro in Toscana e fra i 12,60 euro e i 32,60 euro in Campania.
Last but not least, il superticket ha appesantito i bilanci delle famiglie: secondo i dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali il superticket, aumentando il costo delle prestazioni coperte dal Servizio sanitario nazionale, di fatto ne ha provocato la diminuzione (meno 17,20% in media in un anno). “Ciò conferma – conclude Altroconsumo – che molti cittadini hanno scelto di passare al settore privato o, nel peggiore dei casi, hanno rinunciato del tutto alla prestazione”.


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