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Disinformazione, l'impegno della Commissione europea

La disinformazione è una minaccia crescente per le democrazie europee. Il 63% dei giovani europei incontra notizie false più di una volta a settimana. Il 51% degli europei ritiene di essere stato esposto alla disinformazione online.

La disinformazione danneggia la società, mina la fiducia nelle istituzioni, mette a rischio le elezioni e ostacola la capacità dei cittadini di prendere decisioni informate. Questo il contesto di riferimento della Commissione europea, che sottolinea inoltre come durante la crisi causata dalla pandemia da coronavirus «la diffusione di informazioni sanitarie fuorvianti, di pericolose notizie false basate su teorie del complotto prive di fondamento e le frodi a danno dei consumatori hanno messo in pericolo anche la salute pubblica».

Il codice di buone pratiche sulla disinformazione

Questo il punto di partenza della nuova iniziativa della Commissione che ha pubblicato gli orientamenti su come rafforzare il codice di buone pratiche sulla disinformazione, il primo nel suo genere a livello mondiale, per farne uno strumento più efficace nella lotta alla disinformazione.

Il codice di buone pratiche sulla disinformazione, in regime di autoregolamentazione, è stato istituito nel 2018 e firmato da Facebook, Google, Twitter, Mozilla & Co e dalle associazioni di categoria che rappresentano le piattaforme online, l’industria della pubblicità e gli inserzionisti.

La crisi del coronavirus ha evidenziato ancor più quanto sia cruciale il tema della disinformazione e l’infodemia – la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni non accurate che rende difficile orientarsi per la difficoltà di trovare fonti affidabili – ha comportato rischi per i sistemi sanitari personali e pubblici e per la gestione della crisi, l’economia e la società.

 

coronavirus cina
Disinformazione e coronavirus, come si sono comportate le piattaforme?

 

Disinformazione, la Commissione vuole rafforzare il codice

La Commissione europea vuole dunque rafforzare il codice di buone pratiche sulla disinformazione. Chiede impegni più rigorosi da parte dei firmatari e una più ampia adesione al codice.

I firmatari, dice Bruxelles, «dovrebbero ridurre gli incentivi finanziari alla disinformazione, responsabilizzare gli utenti affinché assumano un ruolo attivo nel prevenirne la diffusione, cooperare più efficacemente con i verificatori di fatti in tutti gli Stati membri e in tutte le lingue dell’UE e predisporre un quadro per l’accesso ai dati da parte dei ricercatori».

«Le minacce derivanti dalla disinformazione online si evolvono rapidamente, per cui dobbiamo intensificare la nostra azione collettiva per responsabilizzare i cittadini e proteggere lo spazio informativo democratico – ha detto Věra Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza – Abbiamo bisogno di un nuovo codice rafforzato: è infatti necessario che le piattaforme online e gli altri soggetti affrontino i rischi sistemici inerenti ai loro servizi e all’amplificazione algoritmica, senza limitarsi a controllare unicamente se stessi, e che smettano di consentire lo sfruttamento della disinformazione a fini di profitto, tutelando nel contempo pienamente la libertà di parola».

Disinformazione, come agire

Gli orientamenti invitano a rafforzare il codice in diversi ambiti.

Prima di tutto una maggiore partecipazione e impegni specifici. La Commissione europea invita ad aderire al codice le piattaforme consolidate ed emergenti attive nell’UE, le parti interessate che operano nell’ecosistema della pubblicità online (scambi di inserzioni pubblicitarie, fornitori di tecnologia pubblicitaria, marchi che beneficiano della pubblicità), i servizi di messaggistica privata e tutti coloro che possono apportare risorse o competenze per contribuire ad un funzionamento efficace del codice. Il codice rafforzato dovrebbe prevedere nuovi impegni specifici commisurati alle dimensioni dei firmatari e alla natura dei servizi che prestano.

Chiede poi di demonetizzare la disinformazione. Le piattaforme e i soggetti attivi nell’ecosistema pubblicitario online, spiega Bruxelles, devono assumersi le loro responsabilità e collaborare più efficacemente per sottrarre fondi alla disinformazione, in particolare scambiandosi informazioni sugli annunci rifiutati da uno dei firmatari in quanto fonte di disinformazione, migliorando la trasparenza e la responsabilità in relazione alle inserzioni pubblicitarie e proibendo la partecipazione di coloro che sistematicamente pubblicano contenuti poi smentiti.

Il codice deve garantire la copertura delle forme di manipolazione usate per la disinformazione (come i bot, gli account falsi, le campagne di manipolazione organizzate o l’appropriazione indebita di account), e prevedere impegni specifici per garantire la responsabilità e la trasparenza in relazione alle misure prese per ridurre gli effetti della manipolazione.

Segnalare la disinformazione

Inoltre deve fornire agli utenti gli strumenti per individuare e segnalare la disinformazione. Gli utenti i cui contenuti o account siano oggetto di misure adottate in risposta alle segnalazioni dovrebbero avere accesso a un meccanismo di ricorso adeguato e trasparente per far valere i propri diritti. Il codice rafforzato dovrebbe inoltre consentire di migliorare la visibilità delle informazioni attendibili di interesse pubblico e di avvertire gli utenti che hanno interagito con contenuti qualificati come falsi dai fact-checkers .

Il nuovo codice dovrebbe prevedere una maggiore collaborazione con i fact-checkers, aumentare la copertura delle verifiche nei paesi e nelle lingue europee. Avere un solido quadro di monitoraggio. I firmatari dovrebbero infine predisporre un Centro per la trasparenza presso il quale comunicare quali politiche hanno adottato per dare esecuzione agli impegni previsti dal codice e come le hanno attuate.


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