TopNews. Dipendenze tecnologiche, Di.Te: parliamo tanto ma solo online
Tanto si parla online, spesso scrivendo, quanto poco si riesce a farlo nella vita offline. Sui social si è disinibiti, si parla di tutto, si commenta tutto subito, e spesso ci si sente meno soli. “Fuori” dai social l’investimento emotivo e comunicativo è in fondo più difficile. E allora accade che ci siano difficoltà a parlare e a conversare. Questa doppia dinamica viene evidenziata da un’indagine fatta dall’Associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo) su un campione di 500 persone, uomini e donne, dai 18 ai 68 anni.
L’associazione, che riunisce psicologi, psicoterapeuti ed educatori formati sulle dipendenze tecnologiche, evidenzia in questa ricerca la distanza che c’è fra comunicazione online, sempre più loquace, e comunicazione di persona, sempre più difficile. L’indagine sottolinea che “si è sempre più disposti a parlare di sé e a conoscere gli altri attraverso i social anziché mettersi a confronto nelle occasioni che offre la vita offline – si legge in una nota – Per l’80% degli intervistati, infatti, i social facilitano l’incontro con l’altro ma quando si trovano davanti a un soggetto in carne e ossa il 65% di loro confessa di avere difficoltà a gestire la relazione”. Sembra anche diminuita la capacità di creare contatti interpersonali nella vita offline. Di crearsi nuove amicizie. Il 60% degli intervistati dice di non aver costruito nuove amicizie negli ultimi tre anni, con una percentuale che sale addirittura al 73% nella fascia d’età dai 38 ai 48 anni.
Siamo quindi sempre pronti a commentare sui social ma sempre più silenziosi faccia a faccia? Dice il presidente dell’associazione, lo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Lavenia: “Scrivere e parlare l’uno di fronte all’altro implicano due diverse abilità. La comunicazione, in generale, affinché sia efficiente ed empatica, richiede molto allenamento. Più siamo disposti a confrontarci, a scambiare idee, e a dialogare con gli altri, più si migliora”. E dunque si privilegiano la scrittura sui social e l’invio di messaggi vocali “perché creiamo più community e meno comunità – dice Lavenia – Comunicare nella vita offline comporta l’uso di tutti sensi, dell’empatia e chiede la disponibilità a metterci la faccia. Abbiamo delle micro espressioni facciali che possono dire molto del nostro stato emotivo alla persona con cui ci troviamo di fronte. E poi, appunto, è necessario un confronto a cui non siamo più così abituati”.
Il 55% del campione sostiene che i social colmino il bisogno di intrattenere relazioni con altre persone, una percentuale che arriva al 78% fra i più giovani (18-28 anni). C’è anche un altro aspetto, legato alla minore percezione di solitudine. “Il 68% delle 500 persone che hanno risposto ai questionari dice di non soffrire la mancanza di qualcuno accanto da quando utilizza con regolarità i social, perché online c’è sempre qualcuno pronto a rispondere o a intrattenersi in compagnia”. Spiega il presidente dell’associazione Di.Te: “I social invitano ad attivarsi, a postare, a scrivere, a leggere commenti… Ed è vero che, in un certo senso, facilitano il contatto con gli altri e possono far sembrare più lontane le difficoltà con cui tutti dobbiamo fare i conti nella quotidianità. Ma, a mio avviso, più che aiutare a non sentirsi più soli, sarebbe meglio dire che le persone non hanno più il tempo di annoiarsi o di vivere una solitudine costruttiva. Il tempo sui social passa in fretta e sembra che ci sia sempre qualcosa da fare, o guardare, scrollando tra le loro pagine”.
Notizia pubblicata il 29/01/2019 ore 11.45