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Lavorare da casa è stata una necessità e un’esperienza sempre più diffusa in Europa nel 2020. Per forza e per bisogno, perché non si poteva fare altro e perché c’erano misure di confinamento e isolamento sociale, con la pandemia da Covid-19 lavorare da casa è diventata un’opzione sempre più diffusa fra i cittadini europei. Ma quanto? In realtà nella media europea solo il 12,3% dei lavoratori ha lavorato abitualmente da casa lo scorso anno.

La media nasconde poi le usuali differenze nazionali: lavorare da casa è stata un’esperienza abituale per un lavoratore su quattro in Finlandia, solo per uno su cento in Bulgaria.

Lavorare abitualmente da casa, nell’accezione usata dall’Eurostat, significa che a casa si è lavorato almeno la metà delle giornate di lavoro in un periodo di riferimento di quattro settimane.

 

 

grafico eurostat
People usually working from home, 2020. Eurostat 2021

 

Lavorare da casa, il quadro in Ue

Le misure introdotte in risposta alla pandemia hanno costretto molte persone a lavorare da casa. Questo è un dato sperimentato in tutta Europa ma con un livello di diffusione davvero molto eterogeneo. L’Eurostat evidenzia che nel 2020 il 12,3% degli occupati di età compresa tra 15 e 64 anni nell’Ue ha lavorato abitualmente da casa. Si tratta di una percentuale che negli ultimi dieci anni era rimasta costante intorno al 5% dei lavoratori.

Nel 2020 lavorare da casa è stata un’esperienza comunque più diffusa rispetto al passato. Si è ristretta la “forbice” fra lavoratori autonomi, tradizionalmente più impiegati nel telelavoro o nello smart working, e lavoratori dipendenti.

Negli anni precedenti infatti la quota di autonomi che lavorava abitualmente da casa è stata sempre superiore a quella dei lavoratori dipendenti. Nel 2020, causa Covid, il divario si è ridotto. Lavorare da casa è un’esperienza che hanno fatto 10,8% dei lavoratori dipendenti (nel 2019 erano fermi al 3,2%) e il 22% dei lavoratori autonomi (nel 2019 erano il 19,4%).

Lavorare da casa, le donne più degli uomini

Altro dato che emerge dall’Eurostat è che il lavoro da casa è stata un’esperienza più femminile che maschile e più diffusa nelle classi di età meno giovani.

Nel 2020, ha lavorato da casa una quota maggiore di donne rispetto agli uomini: il 13,2% rispetto all’11,5%.

Solo il 6,3% dei giovanissimi lavoratori (15-24 anni) ha riferito di lavorare abitualmente da casa, rispetto al 13% dei 25-49enni e al 12,4% dei lavoratori dai 50 ai 64 anni.

Lavorare da casa, differenze fra paesi europei

La diffusione del lavoro da casa segue poi differenze nazionali che, come tanti altri dati, riflettono evidentemente disparità tecnologiche fra paesi, assetti diversi nel mercato del lavoro e spinte diverse alla digitalizzazione.

Le differenze sono talmente marcate che in Finlandia ha lavorato da casa un lavoratore su quattro, in Lussemburgo e in Irlanda uno su cinque, in Bulgaria uno su cento, in Romania il 2,5%.

La Finlandia è infatti in cima alla lista degli Stati dell’UE per il lavoro a domicilio, con il 25,1% degli occupati che ha lavorato da casa nel 2020. A seguire ci sono Lussemburgo (23,1%) e Irlanda (21,5%).

La percentuale è superiore alla media europea del 12,3% fra gli altri in Portogallo (13,9%), in Germania (14,8%), in Francia (15,7%), in Danimarca (17%).

Al contrario, le percentuali più basse di lavoratori che hanno lavorato da casa ci sono state in Bulgaria (1,2%), Romania (2,5%), Croazia (3,1%) e Ungheria (3,6%).

In Grecia ci si ferma al 7% e in Spagna si arriva al 10,9%. L’Italia è in linea con la media europea al 12,2%.


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