Etichettatura energetica degli aspirapolvere, Corte Ue respinge il ricorso di Dyson (Foto Pixabay)

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha respinto definitivamente il ricorso per risarcimento danni della Dyson in tema di etichettatura energetica degli aspirapolvere.

Optando per un metodo di prova che utilizza un contenitore vuoto, la Commissione non è incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione che faccia sorgere un diritto al risarcimento”, si legge in una nota stampa.

Etichettatura energetica, Dyson e la Commissione Ue

La vicenda dell’etichettatura energetica degli aspirapolvere è di lungo corso e vede opporsi la Dyson Ltd, società che commercializza aspirapolvere che funzionano senza sacco, alla Commissione europea.

Nel 2013, spiega la nota della Corte di giustizia Ue, la Commissione ha adottato un regolamento delegato sull’etichettatura energetica degli aspirapolvere, con il quale ha introdotto un metodo di prova per misurare il rendimento energetico degli aspirapolvere con contenitore vuoto anziché pieno. La Dyson reputava che i suoi aspirapolvere «ciclonici» fossero svantaggiati da tale metodo di prova rispetto agli aspirapolvere con sacchetto le cui prestazioni diminuirebbero man mano che il sacchetto si riempie. Ha pertanto proficuamente contestato tale regolamento: con sentenza del 2018, il Tribunale lo ha annullato con la motivazione che la prova con contenitore vuoto non rispecchiava condizioni il più possibile vicine alle condizioni effettive di utilizzo, come imponeva la direttiva relativa all’etichettatura energetica.

La Dyson ha poi proposto un ricorso per risarcimento danni, reclamando un risarcimento per il presunto danno subito pari a 176,1 milioni di euro. Con una sentenza del 2021 , il Tribunale ha respinto tale ricorso. Secondo il Tribunale, infatti, “adottando il metodo di prova standardizzato basato sull’utilizzo di un contenitore vuoto, la Commissione non ha violato in modo manifesto e grave i limiti del suo potere discrezionale né ha commesso una violazione sufficientemente qualificata dei principi di parità di trattamento e di buona amministrazione”. A suo giudizio, la violazione della direttiva nella quale era incorsa la Commissione non era sufficientemente qualificata per fa sorgere un diritto al risarcimento.

La Dyson ha quindi impugnato tale sentenza del Tribunale dinanzi alla Corte di giustizia.

E oggi la Corte “respinge tutti gli argomenti dedotti dalla Dyson e conferma quindi la sentenza del Tribunale. Di conseguenza, il ricorso per risarcimento danni della Dyson è respinto definitivamente”.

La Corte conferma dunque che “la Commissione non è incorsa in una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, condizione indispensabile per far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione”.


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