Educazione sessuale nelle scuole, disponibile per meno di un adolescente su due (Foto cottonbro studio per Pexels)

Educazione sessuale nelle scuole, fotografia di un bisogno senza risposta. A oggi infatti meno di un adolescente su due ha fatto educazione sessuale a scuola mentre i genitori che ritengono utile l’educazione affettiva e sessuale come materia obbligatoria a scuola sono il 91%.

La principale fonte di informazione dei ragazzi e delle ragazze su temi come la sessualità e l’affettività è il web. Emerge uno scarso accesso ai consultori e ai servizi sanitari e il perdurare di una serie di stereotipi sul piacere. I dati vengono dall’indagine di Save the Children realizzata in collaborazione con IPSOS per la ricerca “L’educazione affettiva e sessuale in adolescenza: a che punto siamo?”, in cui l’associazione ha analizzato il rapporto tra giovani e sessualità.

Save the Children lancia la campagna “Facciamolo in classe”, insieme al Movimento Giovani per Save the Children e alla content creator Aurora Ramazzotti per l’introduzione di percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole.

Educazione alla sessualità solo per il 47% degli adolescenti

Solo il 47% degli adolescenti, meno di uno su due, ha ricevuto un’educazione sessuale a scuola, una percentuale che scende al 37% al Sud e nelle Isole. Nella maggior parte dei casi, l’educazione sessuale a scuola è stata affrontata in modo sporadico: il 44% riporta di aver partecipato a lezioni che si sono svolte solo per qualche settimana, mentre il 32% parla di un unico evento isolato di una giornata. L’82% di chi ha partecipato a corsi di educazione sessuale a scuola li ha considerati in ogni caso utili e arricchenti.

Fra gli altri dati significativi della ricerca emerge che il 66% degli adolescenti ha avuto esperienze sessuali; ma il 16% afferma di averlo fatto per non sentirsi diversa/o e quasi uno su 10 per le pressioni del/della partner.

«Per educare i giovani e le giovani a relazioni sessuali e affettive sane, prevenire comportamenti a rischio, discriminazioni e violenze,è urgente una legge che preveda l’inserimento di percorsi obbligatori di educazione all’affettività e alla sessualità, in linea con le Linee guida UNESCO sulla Comprehensive Sexuality Education e gli Standard dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nelle scuole e all’interno dei piani formativi, coerentemente con l’età dei beneficiari», ha dichiarato Giorgia D’Errico, Direttrice delle Relazioni Istituzionali di Save the Children.

 

 

Sessualità, informazioni online e scarso accesso ai servizi sanitari

Quando cercano informazioni da soli sulla sessualità, gli adolescenti vanno online: il 47% degli intervistati sceglie siti web e articoli online per informarsi sulle pratiche sessuali e il 57% quando vuole approfondire il tema delle infezioni sessualmente trasmissibili; fra le altre fonti ci sono libri o manuali scientifici per le infezioni sessualmente trasmissibili per il 22% degli intervistati. I video pornografici per le pratiche sessuali vengono utilizzati dal 22%.

«È ancora troppo alto il numero di adolescenti che considera la pornografia uno strumento di apprendimento sul sesso, con il rischio di alimentare false credenze e stereotipi legati alla sessualità», ha dichiarato Antonella Inverno, Responsabile ricerca e analisi dati di Save the Children.

Dall’indagine emerge infatti che quasi un adolescente su 4 ritiene la pornografia una rappresentazione realistica dell’atto sessuale.

Più di un adolescente su 4 tra i 14 e i 18 anni (il 26%) pensa sia frequente subire o assistere a discriminazioni legate all’orientamento o all’identità sessuale, il 22% a discriminazioni sessiste, mentre più di uno su tre (il 35%) a episodi di body shaming. Fra altri aspetti che colpiscono c’è lo scarso accesso ai servizi sanitari e ai consultori. Oltre 8 adolescenti su 10 (82%) non ha mai fatto un test HIV.

Solo il 12% è stato in un consultorio, con una percentuale leggermente maggiore tra le ragazze (15%). L’8% avrebbe voluto accedervi ma non lo ha fatto, mentre il 77% dichiara di non averne sentito il bisogno. Solo il 24% degli adolescenti saprebbe con certezza a chi rivolgersi in caso di urgenza legata alla sessualità. Le principali barriere all’accesso per chi avrebbe voluto andare, ma non lo ha fatto, sono la vergogna e la difficoltà a recarvisi da soli. Inoltre, il 24% di chi avrebbe voluto andare, ma non lo ha fatto, segnala l’assenza di un consultorio nelle vicinanze.

«Dalla ricerca emergono passi avanti significativi nel dialogo tra giovani e genitori sui temi della sessualità – afferma Antonella Inverno – Tuttavia, il digitale rimane la risorsa principale delle informazioni su questi aspetti e colpiscono i dati sullo scarso accesso ai servizi sanitari, ai consultori e la percentuale molto limitata di adolescenti che si sottopongono al test HIV, così come la resistenza di stereotipi e false credenze. Inoltre, preoccupa fortemente il comune sentire rispetto alle discriminazioni subite o testimoniate e ad alcuni comportamenti a rischio, come il binge drinking associato alla sessualità, anche se si tratta di dati basati sulla percezione delle e degli adolescenti rispetto ai loro coetanei».


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