Sarebbe solo questione di giorni ma poi il governo Monti dovrebbe rendere nota la proposta di legge di riforma del sistema di accreditamento della associazioni dei consumatori al Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti. Stando a quanto si legge in un’interrogazione che il senatore Elio Lannutti ha presentato, con carattere d’urgenza, al Premier e al Ministro Passera l’obiettivo del provvedimento sarebbe quello di ridurre il numero delle associazioni ‘scomode’. E così argomenta la sua tesi:
– l’art. 2, comma 2, lettera g), consentirebbe di “comprare” legalmente le associazioni dei consumatori, attraverso la possibilità per le associazioni dei consumatori di stipulare accordi con imprese private (ad esempio Enel, banche, eccetera.) ed associazioni di imprese (ad esempio Abi) senza che ciò comporti motivo di incompatibilità per il registro delle associazioni dei consumatori nel CNCU, a condizione che tali accordi economici siano resi pubblici agli iscritti mediante pubblicazione sui siti;
l’art. 2, comma 4, rischia di trasformare le associazioni dei consumatori in partiti politici o in bacini elettorali facilmente individuabili dalle tessere: diverrà fondamentale l’elemento tessere al di là di ogni altro. Bisognerà comprovare il pagamento di importo non irrisorio ed in forma tracciabile della quota associativa nella forma biennale; nel caso di pagamento in contanti servirà riscontro sia a bilancio che cartaceo delle iscrizioni effettuate e delle conferme di iscrizione -parimenti scritte- intervenute nel biennio successivo (pare dunque che la tessera duri un paio di anni), oltre ai requisiti di copertura territoriale di cui al codice del consumo (0,5 per mille nazionale, 0,2 per mille provinciale);
– all’art. 2, comma 8, si prevede di introdurre il principio per cui ogni voto non è uguale all’altro, ma “il più rilevante” (che forse ha già stipulato diversi accordi con sponsor) conterebbe di più: si vorrebbe modificare il sistema di voto nel CNCU aggiungendo alla maggioranza dei votanti anche la maggioranza degli iscritti rappresentati, come se un voto fosse più pesante di un’altro.
I tre punti qualificanti della proposta di legge – scrive Lannutti – hanno lo scopo preciso di affossare il consumerismo in Italia facendolo diventare ‘consumerismo delle lobby’. Con la logica dei numeri – aggiunge – sono premiate le associazioni legate al tesseramento ad un partito politico, ad un sindacato, nonché alla vendita di un giornale: si affossano le idee.
Lannutti, attraverso la sua interrogazione, chiede ai due destinatari di sapere, tra l’altro, se il Governo non abbia il dovere di impedire che le associazioni dei consumatori recuperino fondi da industrie, banche, assicurazioni e poteri forti creando di fatto un possibile conflitto di interessi se non una vera e propria dipendenza, che tanto disdoro assume agli occhi dei consumatori; se non ci sia bisogno, piuttosto, di garantire l’ampliamento delle forme di tutela collettiva degli interessi pubblici e la semplificazione delle modalità di accesso alle forme di azione collettiva, restituendo alle azioni di classe un valore ed un potere coercitivo diverso da quello oggi previsto. Ma non solo. Il Senatore chiede anche se il Governo non ritenga opportuno favorire l’adozione di una normativa che, oltre ai requisiti di semplice pubblicazione od informazione data via telefono o di semplice esistenza di uffici di facciata, per individuare l’esistenza di una associazione dei consumatori attiva ed al servizio della collettività, richieda la prova che essa abbia esperito azioni concrete e qualificate, anche in via giudiziaria, al fine di demolire privilegi o normative inique, di cui poi tutti indistintamente beneficiano senza alcuna fatica, assieme all’esposizione del rischio ed al costo.
 


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