TopNews. Richiedenti asilo, Accoglienza straordinaria: troppi centri grandi
Dei famosi 35 euro destinati all’accoglienza dei richiedenti asilo, solo 2 euro e mezzo vanno direttamente alle persone accolte. Se Lombardia, Lazio e Campania sono le regioni che ospitano più richiedenti asilo nei Centri di accoglienza straordinaria (CAS), in rapporto alla popolazione significa che ospitano appena 3 richiedenti asilo ogni 1.000 residenti. E quando parla di questo tema, bisogna tener presente che ci sono troppo centri di accoglienza straordinaria di grandi dimensioni e improntati a una logica assistenzialista. Quelli che funzionano sono i più piccoli, che realizzano una buona accoglienza e la integrano nel territorio.
A sfatare un po’ di miti su migrazioni, richiedenti asilo, accoglienza e allarmismo pensa il dossier “Straordinaria accoglienza” diffuso oggi dall’associazione In Migrazione, che ha stilato il primo rapporto sui Centri di Accoglienza Straordinaria attivati dalle Prefetture sul territorio nazionale. “L’Italia ha urgente bisogno di abbandonare la discussione da “Accoglienza sì/Accoglienza no” per mettere invece in campo un sistema di prima accoglienza efficace, razionale e di qualità”, dicono dall’associazione, che sottolinea come i CAS debbano essere di piccoli dimensione e integrati sul territorio, perché solo così si realizza una buona accoglienza. Questa potrebbe portare inoltre 36 mila posti di lavoro e un miliardo di euro alle economie locale, se venisse perseguita in modo adeguato.
Cosa dice il dossier? Con “Straordinaria Accoglienza” In Migrazione ha “passato al setaccio” tutti i bandi che le Prefetture hanno pubblicato per l’apertura e la gestione CAS: l’analisi è stata fatta sulle gare d’appalto indette per “l’affidamento dei servizi di accoglienza e dei servizi connessi ai cittadini stranieri richiedenti asilo presso strutture temporanee”.
“La scelta inedita di analizzare il sistema di prima accoglienza partendo dai bandi pubblici – spiega Simone Andreotti, presidente di In Migrazione – nasce dalla convinzione che nei capitolati e nei disciplinari delle gare ci deve essere l’anima dei CAS. E’ nei bandi che si trovano le regole del gioco per i gestori privati, che più sono definite e tanto più accrescono l’efficacia dei controlli e, in caso d’inadempienza, la possibilità di applicare penali o rescindere convenzioni”. Dallo studio dei bandi si può trovare la differenza tra Centri di Accoglienza Straordinaria immaginati con una logica assistenzialista e con un forte impatto sulla comunità ospitante, e CAS dove invece vengono avviati processi d’integrazione in armonia con il territorio.
Quali i risultati? Su 101 gare d’appalto, 85 risultano carenti. Solo 16 bandi di gara indetti delle Prefetture per i Centri di accoglienza straordinaria raggiungono la sufficienza, mentre 64 risultano carenti e 21 molto carenti. Le principali lacune che vengono riscontrate sono nella qualità dei servizi alla persona e per l’integrazione (60% dei bandi non raggiunge la sufficienza), nell’orientamento e nel supporto legale per la domanda di protezione internazionale (valutazione negativa in 89 bandi su 101), nell’insegnamento dell’italiano e nella mediazione linguista e culturale (rispettivamente 83 bandi e 76 bandi) ma non mancano criticità per i servizi legati al lavoro e alla gestione del tempo e nell’assistenza psicologica e sociale. Migliore la situazione per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, considerata positivamente in 85 bandi sui 101 analizzati. “La qualità e la quantità dei servizi alla persona e per l’integrazione garantiti ai richiedenti asilo nei CAS – aggiunge Andreotti – sono lo spartiacque tra strutture gestite con una logica assistenzialista, dove le persone accolte restano in uno stato di inattività e passività, e strutture dove la proposta di gestione positiva progettuale del tempo sostiene gli ospiti nel percorso per la riconquista di un’autonomia nel nostro Paese all’insegna della legalità”.
In tutta Italia i posti messi a bando per ospitare richiedenti asilo sono quasi 180 mila (178.338 posti nel dettaglio) e rappresentano oltre il 90% della complessiva capacità della “prima accoglienza”. In termini assoluti a ospitare più richiedenti asilo nei CAS sono la Lombardia (27.131 posti messi a bando), la Campania (17.500) e il Lazio (16.449) ma in rapporto ai residenti queste Regioni ospitano appena 3 richiedenti ogni 1.000 residenti. “Non assistiamo ad alcuna invasione – spiega Andreotti – il problema non è il numero di persone che sbarcano scappando da guerre e violenze, ma l’incapacità del nostro Paese di rispondere a questo fenomeno mettendo in campo un sistema di accoglienza efficace e di qualità”.
L’impatto dei Centri sul territori dipende infatti dalla dimensione dei centri, che troppo spesso sono troppo grandi e ospitano troppe persone. Solo in poco più di 1 gara di appalto su 4 viene stabilito un limite inferiore ai 60 ospiti per centro di accoglienza. Nel 68% dei casi, invece viene data la possibilità di aprire Centri con una capacità ricettiva tra gli 80 e i 300 utenti (in alcuni casi anche superiore).
Dalla ricerca di In Migrazione emerge un quadro critico, con “realtà estremamente diverse tra una Prefettura e l’altra, che evidenzia una carenza di indirizzo nella governance dell’accoglienza straordinaria da parte del Ministero dell’Interno”. Non mancano però realtà innovative ed efficaci, quelle dalle quali sarebbe utile prendere spunto per una integrazione che funzioni: a Rieti la Prefettura ha spinto sull’accoglienza diffusa in appartamenti e ha imposto un massimo di 30 ospiti nelle strutture collettive, descrivendo nel dettaglio i servizi minimi da garantire; a Siena è stata seguita un’impostazione simile, è stata chiesta attenzione nel sostenere i richiedenti asilo nell’inclusione abitativa e lavorativa ed è stato posto un limite massimo di 40 ospiti per ogni CAS; a Ravenna la Prefettura ha posto un limite massimo di 25 ospiti per ogni Centro di Accoglienza Straordinaria e ha chiesto servizi alla persona e per l’integrazione molto dettagliati.
“Esempi virtuosi che dovrebbero rappresentare il punto da cui partire per il Ministero dell’Interno nel sostenere le Prefetture uniformando e migliorando le gare d’appalto e, di conseguenza, la qualità dei CAS sul territorio – dicono da In Migrazione – In realtà, invece di mettere a sistema queste (e molte altre) buone pratiche, con il Decreto del Ministro dell’Interno con cui è stato approvato lo schema di Capitolato per la gestione dei centri di accoglienza, nonché i criteri per l’aggiudicazione dell’appalto del 2017, si è ancora una volta preso spunto dai capitolati tecnici dei grandi Centri Governativi (CARA in primis). Un passo indietro che mortifica le esperienze positive e, al contrario, valorizza quelle più negative. In altre parole, si è ancora una volta persa una potenziale grande occasione: gettare le basi per superare il “modello” di prima accoglienza in grandi centri impattanti con il territorio e con la comunità ospitante”. Per il 2018 sono stati impegnati nei bandi per i CAS fondi pubblici per oltre 2 miliardi di euro; c’è da considerare che in Italia solo nel 2017 il contrasto all’evasione fiscale ha permesso il recupero di più di 20 miliardi di euro.
I 35 euro agitati spesso da chi contesta i finanziamenti? “Il vero risparmio – spiega Andreotti – si fa migliorando l’Accoglienza Straordinaria e non abbassando il pro-die pro capite dei famosi 35 euro per finanziare i Centri. Un importo troppo basso non può che abbassare il livello qualitativo, per effetto del necessario taglio dei servizi per l’integrazione e porterebbe a stimolare ancora una volta strutture di grandi dimensioni, che in virtù delle economie di scala possono arrivare ad una sostenibilità economica”. I famosi 35 euro, appunto: di questi solo 2,50 euro vanno direttamente ai richiedenti asilo (che fra l’altro li spendono sul territorio) mentre la parte rimanente, oltre il 92% del finanziamento, viene usato dal privato che gestisce i Centri di Accoglienza Straordinaria. In Migrazione sottolinea le potenzialità dell’accoglienza straordinaria, che se ben gestita potrebbe portare quasi 1 miliardo di euro in tutta Italia per creare direttamente nuovi posti di lavoro, senza contare un indotto stimabile in 1 altro miliardo di euro ogni anno.
Sostiene l’associazione: “È assolutamente necessario ed urgente avviare un percorso concreto per uniformare, all’insegna del miglioramento della qualità, i Centri di Accoglienza Straordinaria, prendendo atto che di straordinario non hanno più nulla. Un sistema di prima accoglienza che quantitativamente rappresenta il 90% della prima accoglienza nazionale dedicata ai richiedenti asilo e che esiste da oltre 4 anni, si è trasformato, nei fatti, in ordinario”. Quali proposte? Potenziare gli strumenti delle Prefetture per gestire meglio l’accoglienza, rafforzare la filiera della domanda di asilo che ha tempi lunghissimi, incentivare l’apertura di Centri di accoglienza di piccole dimensioni inseriti nel tessuto sociale e ridefinire i servizi minimi a partire dalla realtà più virtuose e più piccole. E abbandonare la logica dei 35 euro al giorno a persona per “scoraggiare e rendere non più economicamente conveniente l’apertura di strutture di grandi dimensioni”. Va prevista, spiega In Migrazione, una cifra diversa a seconda delle dimensioni del centro di accoglienza, inferiore per le strutture più grandi e superiore per l’accoglienza diffusa in appartamento.
Notizia pubblicata il 10/07/2018 ore 17.31