Il 18 aprile scorso, il Garante per la Protezione dei dati personali ha pubblicato una guida che illustra in maniera sintetica il modo più corretto in cui le società di recupero crediti possono trattare le informazioni personali che riguardano i debitori. Oggi, a poco più di una settimana di distanza, le associazioni dei consumatori che fanno parte dell’OIC (Osservatorio Imprese e Consumatori) hanno incontrato, in un convegno dal titolo “Recuperare credito”, autorità e imprese per trovare insieme una strada che conduca ad un equilibrio tra due opposti interessi: quello di coloro che cercano di recuperare quanto dovuto (le imprese) e quello dei consumatori che vogliono vedere tutelata la propria privacy.
Quando parliamo di recupero crediti in Italia, ci rifacciamo, sotto l’aspetto normativo, ad una norma che risale ad un Regio Decreto del 1931 e che per quasi 90 anni non è mai stata modificata”, ha tenuto a precisare il Antonio Persici, Presidente di OIC che continua, “Per anni l’attività di recupero crediti è stata poco e male considerata dal legislatore. Eppure sappiamo bene quanto il ritardo dei pagamenti sia letale tanto per le imprese che per la Pubblica Amministrazione, con effetti negativi sull’intero Sistema Paese”.
Il vademecum pubblicato dal Garante per la Privacy ha fatto un lavoro di sintesi, come precisa il Daniele De Paoli, del Dipartimento Realtà Economiche e Produttive del Garante, e dell’Autorità, “tra le principali novità avvenute nel comparto dal 2005 al 2015, alla luce dei cambiamenti avvenuti sul mercato”. De Paoli ha tenuto a sottolineare come “le istanze che arrivano al Garante e che riguardano il recupero crediti rappresentano, di fatto, una percentuale consistente– parliamo di alcune centinaia l’anno- e la maggior parte hanno a che fare con la violazione della riservatezza e della dignità della persona oppure con pratiche di contatto invasive: basti pensare che, nel 90% dei casi, ci si rivolge all’Autorità perché la comunicazione della morosità viene data a terze persone diverse dal diretto interessato”.
Quali soluzioni trovare allora per limitare queste pratiche? “Tanto per cominciare”, ha detto Persici, “la registrazione della telefonata tra l’operatore e il debitore può essere un modo per documentare in maniera certa il contatto. Inoltre, occorre senza dubbio provvedere ad una adeguata formazione del personale delle società di recupero crediti in modo che la comunicazione si svolga nel pieno rispetto dei diritti dell’interessato”. Dello stesso avviso si è detto anche De Paoli che, nel suo intervento, ha accolto positivamente le proposte di OIC.
Secondo Enrico Maria Cotugno, Vice Direttore di AGCOM, “dovremmo partire dal fatto che le imprese non devono cedere crediti “sporchi”, ossia esigere crediti da clienti con i quali hanno in sospeso dei reclami: questo sarebbe un buon modo per distinguere sul nascere i veri debitori dai clienti che invece hanno diritto a non pagare”.
L’OIC, da canto suo, sottolinea invece “l’importanza di un confronto con gli operatori del settore del recupero credito, attraverso il quale si possa colmare la lacuna dell’attuale sistema normativo. Inoltre, la strada del dialogo consentirebbe di trovare soluzioni rapide e aumentare la fiducia del consumatore”.


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