HC BABY. Poveri e disconnessi: l’Italia non è un paese per bambini
Niente libri. Niente cinema. Niente sport. Niente Internet – questo sembra strano, eppure è proprio così. La povertà educativa compromette il presente e il futuro dei bambini e stringe in una morsa impietosa migliaia di ragazzini e adolescenti in tutta Italia, privati non solo di tante possibilità nel presente, spesso anche di riscaldamento e di pasti adeguati, ma anche della possibilità di sognare, di coltivare le proprie aspirazioni per il futuro, di crescere. Ci sono tanti, troppi bambini in condizioni di povertà o a rischio di esclusione sociale in Italia, paese in cui le disuguaglianze sociali sembrano aggravarsi sempre di più. Quale giustizia per i bambini e quale equità, se tanti si trovano a vivere in condizioni così difficili?
La dimensione di questo fenomeno è stata scattata da diverse agenzie, istituzioni e associazioni, nazionali ed europee. I dati diffusi da Eurostat in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia 2016 dicono che in Europa un bambino su quattro – il 26,9% della popolazione di età compresa fra 0 e 17 anni – è a rischio povertà o esclusione sociale. Una situazione drammatica, se si considera che dal 2010 al 2015 questa percentuale è diminuita di pochissimo, passando dal 27,5% del 2010 all’odierno 26,9%. E se si tiene conto del fatto che la situazione è profondamente diversa nei diversi Stati dell’Unione. L’Italia è messa male e si trova agli ultimi posti di questa nera classifica, fra i paesi a maggior rischio di povertà per i minori, subito prima di Spagna, Ungheria, Grecia, Bulgaria e Romania. In un’area che dovrebbe garantire condizioni di vita adeguate all’infanzia, o almeno questa è la promessa che ci si aspetta in Europa, sono tanti i bambini e gli adolescenti in condizioni precarie. In Italia addirittura oltre un terzo dei minori (il 33,5%) è a rischio povertà o esclusione sociale; l’Italia si trova poi fra i paesi nei quali il rischio di povertà è aumentato negli ultimi anni, dal 2010 al 2015, insieme alla Grecia e a Cipro.
Fra i paesi ad alto reddito, l’Italia si trova poi agli ultimi posti per disuguaglianza nel benessere dei più piccoli. Anche nei paesi ricchi esistono infatti forti disuguaglianze fra i bambini in termini di reddito, istruzione, salute, soddisfazione nei confronti della vita. Alcuni vengono lanciati indietro. E in questa classifica, stilata dall’Unicef confrontando la situazione di 41 Stati dell’Unione europea e dell’area Ocse, l’Italia è messa ancora decisamente male: si trova a occupare la posizione 32 su 35 paesi Ue/Ocse.
La disuguaglianza fra bambini è tema enorme, anche perché rischia concretamente di riprodursi durante la vita futura: per chi viene lasciato indietro già da piccolo c’è un pericolo maggiore di rimanere indietro da adulto. Come spiega il rapporto dell’Unicef “Equità per i bambini. Una classifica della disuguaglianza nel benessere dei bambini nei paesi ricchi” “è ormai convinzione diffusa che le esperienze infantili abbiano un profondo impatto non solo sulla vita presente dei bambini, ma anche sulle loro opportunità e prospettive future. Analogamente, le condizioni di svantaggio socio-economico nei primi anni di vita aumentano il rischio di retribuzioni, standard sanitari e competenze inferiori in età adulta, il che, a sua volta, può causare il perpetuarsi dello svantaggio di generazione in generazione. Di tutto ciò il bambino non ha colpa”. L’Italia ha gravi svantaggi in tutte le dimensioni della povertà minorile considerata, in termini di divario reddituale (dove è al 35° posto su 41 paesi UE/OCSE), di risultati scolastici (al 22° posto su 37 paesi), perfino nell’ambito della salute (al 28° posto su 35). L’Unicef ha chiesto di salvaguardare il reddito delle famiglie più povere; migliorare l’istruzione per i minori più svantaggiati; promuovere e supportare stili di vita sani per tutti i bambini; attribuire seria considerazione al benessere dei minori; mettere l’equità al centro dell’agenda per il benessere dei bambini. “Il Report Card fornisce un messaggio chiaro: il benessere dei bambini in una società non è solo un risultato inevitabile di circostanze individuali o del livello di sviluppo economico ma è determinato da decisioni politiche precise – ha detto Sarah Cook, Direttore del Centro di Ricerca Innocenti dell’UNICEF – La nostra comprensione dell’impatto a lungo termine della disuguaglianza sociale aumenta di pari passo con la necessità che i Governi diano priorità al miglioramento del benessere di tutti i bambini, affinché possano sviluppare il proprio pieno potenziale”.
E per sviluppare il proprio potenziale i bambini hanno bisogno di tutti gli strumenti possibili, di leggere libri e di andare al cinema, di visitare musei, fare sport e navigare in Internet. La povertà economica si trascina dietro la povertà educativa. E il risultato è un cortocircuito in cui viene messa a rischio la capacità dei bambini di sognare e la loro possibilità di avere un futuro migliore. Più di milione di bambini, bambine e adolescenti in Italia vive in condizioni di povertà assoluta. La povertà educativa che ne consegue compromette il presente e il futuro: sono giovanissimi che non hanno opportunità educative e formative, lontani da libri, musei e cinema, disconnessi da Internet (oltre 400 mila non hanno accesso alla Rete) e dunque dalla possibilità di imparare, coltivare le proprie aspirazioni, crescere. Lo ha messo in evidenza Save the Children, sottolineando come questa situazione riguardi non solo le regioni del Sud Italia ma anche le periferie delle grandi città tenute in condizioni di marginalità.
Save the Children ha denunciato nel 2016 che un quindicenne su quattro non supera il livello minimo di competenze in matematica e uno su cinque in lettura. Povertà educativa significa non avere accesso a libri, musei, teatri, neanche a Internet. “Quasi la metà dei minori tra i 6 e i 17 anni (48,6%) non ha letto neanche un libro oltre a quelli scolastici nel corso di un anno, il 55,2% non ha visitato un museo, il 45,5% non ha svolto alcuna attività sportiva e sono circa 425 mila i “disconnessi” da Internet, ovvero quelli che non hanno mai avuto accesso alla Rete. Il 15% degli adolescenti non prosegue gli studi dopo il diploma delle medie”. Essere “disconnessi” dalla Rete significa essere lontani da opportunità educative e culturali, dai libri e dal cinema, in un digital divide che colpisce i giovanissimi e ne mette a rischio il futuro.
Ecco dunque l’altra faccia della medaglia, quella forse più difficile da guardare. Perché ai giovani iperconnessi, quelli che vivono h24 in chat e sui social network, fa da contraltare una realtà meno conosciuta, sicuramente meno visibile, ma fondamentale se si vuole davvero tutelare l’infanzia e l’adolescenza garantendo a tutti dignità e diritti. Diritti uguali per tutti i bambini, perché nessuno sia lasciato indietro: ecco la sfida che l’Italia deve porsi nel 2017. Non sono ammessi fallimenti.
@sabrybergamini