Creare passaggi sicuri per i rifugiati. Garantire giustizia alle vittime di abusi. Decriminalizzare l’aiuto umanitario, perché ormai in 12 paesi dell’Unione Europea distribuire alimenti e bevande, dare un passaggio, comprare un biglietto o ospitare un migrante sono comportamenti per cui è possibile ricevere una multa o addirittura essere arrestati dalle autorità. In pratica è il reato di solidarietà. Con questi obiettivi è stata lanciata nei mesi scorsi l’Iniziativa dei cittadini europei “Welcoming Europe” che chiede alla Commissione europea di cambiare alcune norme sulle migrazioni. Domani a Roma ci sarà l’evento “Siamo noi l’Europa che accoglie!”, che chiuderà la campagna di raccolta firme di Welcoming Europe.

Sono tre gli obiettivi al centro della campagna: la decriminalizzazione degli atti di solidarietà, la creazione di corridoi umanitari per i rifugiati, la tutela delle vittime di abusi alle frontiere. “Vogliamo – si legge nell’Iniziativa – che la Commissione fermi quei governi che stanno criminalizzando i volontari. I cittadini europei dovrebbero essere in grado di offrire aiuti umanitari e assistenza a tutte le persone bisognose, indipendentemente dal loro status, senza timore di sanzioni o azioni penali”.

Domani i promotori dell’iniziativa, che riunisce un ampio cartello di sigle e associazioni, dai Radicali Italiani a Legambiente, da A Buon Diritto a Baobab alle Acli, tracceranno un bilancio della campagna di raccolta firme e, con il contributo di esperti e le testimonianze di operatori umanitari, faranno il punto sugli obiettivi dell’iniziativa. Ci sarà anche la testimonianza di persona di Sean Binder, un giovane volontario irlandese dell’Ong Emergency Response Centre International, arrestato con l’accusa di spionaggio, traffico di esseri umani e riciclaggio per aver salvato alcuni profughi, tuffandosi in mare nelle acque circostanti l’isola di Lesbo, con l’aiuto di Sara Mardini, la rifugiata siriana campionessa di nuoto. Sean è stato rilasciato su cauzione dopo oltre 100 giorni di carcere a dicembre scorso e ora è in attesa della sentenza. Entrambi rischiano 25 anni di carcere e sono uno degli esempi più noti di criminalizzazione dell’aiuto umanitario. 


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