Latina, muore bracciante abbandonato dopo incidente nei campi. Federconsumatori: “Mettere fine a sfruttamento e schiavitù”
È morto Satnam Singh, il bracciante di origine indiana che lunedì era rimasto coinvolto in un gravissimo incidente sui campi dell’Agro pontino. I datori di lavoro lo avevano abbandonato davanti casa con un braccio staccato
Ancora una morte sul lavoro che parla di sfruttamento e barbarie. È morto Satnam Singh, il bracciante di origine indiana che lunedì era rimasto coinvolto in un gravissimo incidente sul lavoro in un’azienda agricola dell’Agro pontino, a Latina. Un caso sconvolgente perché la vittima, come aveva denunciato la Flai Cgil, aveva avuto il braccio staccato da un macchinario e aveva riportato altre gravi fratture. Ma i datori di lavoro, invece di portarlo in ospedale, l’avevano caricato su un pulmino e abbandonato davanti alla sua abitazione.
Un orrore che era stato denunciato da Hardeep Kaur, segretaria generale Flai Cgil Frosinone Latina: “Qui non siamo solo di fronte a un grave incidente sul lavoro, cosa già di per sé allarmante ed evitabile, qui siamo davanti alla barbarie dello sfruttamento, che calpesta le vite delle persone, la dignità, la salute e ogni regola di civiltà”. (Fonte: Il Fatto Quotidiano).
Oggi è arrivata la notizia che il lavoratore, trasportato in eliambulanza al San Camillo di Roma, non ce l’ha fatta.
Sfruttamento nell’Agro pontino
È una vicenda che richiama l’attenzione sulle condizioni di sfruttamento e di para-schiavitù che si verificano in diverse aziende agricole dell’Agro pontino, nei campi di ortofrutta a Sud di Roma.
Negli anni sono state numerose le denunce di chi ha raccolto le testimonianze dei lavoratori, spesso di origine sikh, costretti a subire vessazioni e violenze di ogni tipo.
L’associazione In Migrazione qualche anno fa aveva addirittura denunciato, raccogliendo numerose testimonianze, l’uso di sostanze dopanti come antidolorifici fra alcuni lavoratori per sopportare la fatica del lavoro nei campi. Senza contare i casi di lavoratori picchiati e vessati dai “padroni”, come spesso i braccianti sono costretti a chiamare i datori di lavoro, e come hanno denunciato studi e ricerche di chi si occupa di lavoro, migrazione e caporalato nel Pontino.
Federconsumatori: “Mettere la parola fine a sfruttamento e schiavitù”
Sulla vicenda interviene oggi anche Federconsumatori, con una dura nota nella quale chiede di fatto che nel piatto dei consumatori non finiscano prodotti frutto di violenza e violazione dei diritti umani.
“In un gesto di disumanità e disprezzo per la vita come questo si legge tutto lo spregio, la disattenzione, la mancata cura e la disumanità delle condizioni in cui operai e braccianti, nel settore agricolo ma non solo, si trovano a lavorare – denuncia Federconsumatori davanti all’orrore di quanto accaduto a Latina – Il caporalato è un fenomeno ancora troppo diffuso nel nostro Paese, ma i consumatori sono stanchi di trovarsi sulla tavola prodotti frutto da un lato di processi produttivi non rispettosi dell’ambiente e, dall’altro, del rispetto della dignità delle persone. Quanto accaduto dimostra come abbiamo pericolosamente varcato il confine dello sfruttamento per giungere al perpetrarsi di pratiche crudeli e inumane”.
Da qui la richiesta che anche il cittadino abbia garanzie del fatto che i prodotti che porta in casa non siano frutto di sfruttamento di questo tipo.
“Questo, nel piatto, non lo vogliamo più – afferma Federconsumatori – Siamo convinti che il primo passo per contrastare questo fenomeno, oltre alle opportune indagini e controlli, sia l’adozione di un sistema di etichettatura sociale che certifichi la correttezza dei processi produttivi, le condizioni e la sicurezza dei lavoratori, la sostenibilità delle colture e l’impegno per la tutela delle persone e dell’ambiente. Solo conoscendo quali sono i prodotti che, realmente, rispettano questi standard noi consumatori potremo decidere di consumare responsabilmente, conferendo un grande valore, etico oltre che economico, ad ogni nostra scelta di acquisto”.
L’associazione invita il Governo a rafforzare le norme a tutela dei lavoratori e sferza sul made in Italy, che non può essere virtuoso se frutto di sfruttamento e mancato rispetto della vita e dei diritti dei lavoratori.
“Il continuo richiamo alla bontà del made in Italy, di fronte a questi fatti, suona falso e fuorviante. Se davvero vogliamo che l’eccellenza delle nostre produzioni sia un vanto a livello mondiale, dobbiamo impegnarci, tutti, per mettere la parola fine a sfruttamento e schiavitù”.