I migranti fanno parte dell’economia e rappresentano una risorsa per l’assetto economico nazionale e mondiale, anche in tempo di crisi. Una consapevolezza che in Italia ancora latita, se solo si guarda alla mancanza di una chiara politica sulle migrazioni. Dell’economia ora in crisi fanno parte anche gli immigrati, che lavorano, subiscono più degli altri gli effetti della recessione, ma vengono pagati meno degli italiani. In Italia si contano oltre 2 milioni di lavoratori di origine straniera, che pagano 6,2 miliardi di euro di Irpef, soffrono più degli altri la crisi economica – un nuovo disoccupato su tre dal 2008 al 2010 è straniero – ma che, a parità di lavoro, vengono pagati 300 euro in meno degli italiani. Il focus è della Fondazione Leone Moressa, che ha realizzato il Rapporto Annuale sull’Economia dell’Immigrazione 2012, patrocinato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e dal Ministero degli Affari Esteri.
Spiega il Direttore dell’Ufficio di Coordinamento per il Mediterraneo dell’OIM, José Angel Oropeza: “Nonostante il periodo di crisi nessuno può negare il contributo che gli immigrati hanno dato e danno all’Italia e allo sviluppo del Paese. D’altronde la migrazione è un fenomeno epocale che riguarda tutto il mondo e di fronte al quale è necessario che i governi scelgano cosa fare: adottare una politica di chiusura o, come suggeriamo noi, promuovere invece una politica di apertura, riconoscendo il ruolo delle migrazioni come parte integrante dell’economia mondiale e i migranti come componenti essenziali per la piena ripresa dalla crisi economica contemporanea”.
I numeri del rapporto indicano che sulla popolazione straniera si fanno sentire il peso della disoccupazione e il disagio economico, maggiore rispetto agli italiani. Sottolineano però anche il contributo in termini di Irpef pagato dai lavoratori stranieri. In Italia, si contano oltre 2 milioni di lavoratori immigrati (pari al 9,8% del totale degli occupati), che in sede di dichiarazione dei redditi notificano al fisco 41,6 miliardi di euro (pari al 5,3% del totale dichiarato) e pagano di Irpef 6,2 miliardi di euro (pari al 4,1% del totale dell’imposta netta), che si traducono in 2956 euro a testa.
Nonostante questo, si tratta della popolazione che più ha subito gli effetti negativi della crisi. Dal 2008 al 2010 il tasso di disoccupazione straniero è passato dall’8,5% al 12,1%: ci sono 310 mila immigrati senza lavoro.
La retribuzione dei lavoratori dipendenti stranieri continua però a essere inferiore rispetto a quella degli italiani: in media, un dipendente straniero guadagna 973 euro al mese, oltre 300 euro in meno rispetto a un italiano. Una retribuzione un po’ più elevata c’è per chi lavora nel settore dei trasporti (1.257 euro al mese) a scapito di chi lavora nel settore dei servizi alle persone (717 euro al mese), dove sono occupate maggiormente le donne. In questo caso, la differenza di genere evidenzia stipendi inferiori di 346 euro rispetto alle lavoratrici italiane. Per settore lavorativo, le differenze maggiori di retribuzione si hanno nei servizi alle imprese e nei servizi alla persona, mentre si azzerano quasi per chi lavora in alberghi e ristoranti.
Fra la popolazione straniera è maggiore il disagio economico e il livello di povertà. I numeri della Fondazione Moressa dicono che il 42,2% delle famiglie straniere vive al di sotto della soglia di povertà (dati 2010), contro il 12,6% delle famiglie italiane. I consumi pareggiano quasi le entrate familiari. Le famiglie straniere dichiarano inoltre maggiori difficoltà economiche rispetto a quelle italiane (ma il dato è del 2009): il 21,6% dice di arrivare a fine mese con molta difficoltà (contro il 14,5% di quelle italiane), il 23,4% è stata in arretrato con il pagamento delle bollette (vs 8,2%), il 60,1% non è in grado di sostenere una spesa imprevista di 750 euro (vs 31,4%) e il 53,6% non può permettersi una settimana di ferie (vs 39,2%).


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