Bonus bebè, la proposta “choc” della Lorenzin piace alle AACC
La proposta è di quelle che se realizzate davvero, potrebbe fare la differenza: raddoppiare il “Bonus bebè”. L’idea è venuta al Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, vista la diminuzione del numero di nati nel nostro Paese nell’arco del 2015. I dati Istat infatti dicono che per la prima volta, dal 2010 a oggi, il numero di bambini venuti al mondo è sceso sotto la soglia simbolica delle 500mila unità. “Se non riuscissimo ad invertire questo trend, entro il 2026 rischiamo di avere il 40% di nascite in meno rispetto al 2010. Un’apocalisse”, ha dichiarato la Lorenzin.
E allora una possibile strada per modificare la rotta sembrerebbe essere quella di incrementare gli incentivi destinati alle coppie con figli.
Ad oggi, il “Bonus bebè” consiste in un assegno mensile che varia da 80 euro per ogni figlio (per i nuclei che hanno un Isee sotto i 25mila euro) a 160 euro (per coloro che non arrivano a 7mila euro di Isee). Se l’ipotesi, al momento al vaglio dei tecnici del Ministero della Salute, di aumentare il contributo dovesse essere approvata, si arriverà a 160/320 euro, a seconda della soglia di reddito.
“Il successo ottenuto dal bonus bebè dimostra come le famiglie abbiano la reale necessità di un sostegno al loro reddito”, dichiara Roberto Tascini, Presidente dell’Adoc, commentando la notizia. “La possibilità di aumentare l’importo del bonus e di prolungarlo oltre la scadenza prevista (2017, ndr) è sicuramente positivo, andrebbe ad aumentare sensibilmente la capacità di acquisto delle famiglie, in particolare quelle con reddito medio-basso, ovvero quasi la totalità dei nuclei familiari in Italia”.
Ma le famiglie non vivono solo di bonus: occorre sviluppare e concretizzare un piano di welfare per le famiglie che non preveda solo incentivi economici ma anche incentivi fiscali e un miglioramento del rapporto tra tempo-lavoro e tempo-famiglia. In questo senso, da Adoc considerano “opportuno che venga migliorata l’attuale disciplina del congedo parentale, rendendolo un valido strumento di conciliazione tra esigenze lavorative e familiari, e incrementare l’offerta degli asili nido, ad oggi accessibile solo ad una ridotta fetta delle famiglie”.