Europa. Quote rosa nei Cda delle grandi aziende, ecco la proposta dell’Ue
Con un paio di settimane di ritardo, il collegio di Commissari Ue ha trovato l’accordo. Oggi a Bruxelles è stata presentata una proposta di Direttiva Ue che stabilisce una soglia del 40% di donne nei CdA delle grandi società quotate in Borsa.
Quote rosa per le grandi aziende europee. La direttiva si rivolgerà solo alle grandi società europee con esclusione delle Pmi (società con un organico inferiore a 250 dipendenti e un fatturato non superiore a 50 milioni di euro) e di quelle non quotate in borsa. Inoltre saranno presi in considerazione solo i Cda “non esecutivi”. Toccate anche le imprese pubbliche che rispondono agli stessi criteri di quelle private ma con una scadenza più lontana (2020 per le pubbliche, 2018 per le private).
Qualifiche e merito rimarranno i requisiti fondamentali ma a parità di bravura sarà data precedenza al sesso sotto-rappresentato. La direttiva stabilirà un’armonizzazione minima dei requisiti inerenti al governo societario: le decisioni di nomina dovranno basarsi su criteri obiettivi in materia di qualifiche. Saranno introdotte garanzie interne per escludere promozioni incondizionate e automatiche del sesso sotto-rappresentato.
Sanzioni per chi non rispetta le quote. Gli Stati membri dovranno stabilire sanzioni adeguate e dissuasive per le società che violeranno la direttiva.
Oggi la maggior parte dei Cda sono al maschile. Attualmente i consigli sono dominati dagli uomini: l’85% degli amministratori senza incarichi esecutivi e il 91,1% di quelli con incarichi esecutivi, mentre alle donne restano il 15% e l’8,9%. Nonostante l’intenso dibattito pubblico e alcune iniziative volontarie a livello nazionale ed europeo, negli ultimi anni non si sono registrati cambiamenti significativi: dal 2003 il numero di donne negli organi direttivi delle aziende è aumentato in media appena dello 0,6% all’anno. Questo vuol dire che nelle principali imprese europee soltanto un amministratore su 7 (il 13,7%) è donna.
Miglioramenti in alcuni Paesi ma non in Italia. Alcuni Stati membri hanno iniziato a introdurre diversi tipi di leggi per i consigli delle società. Undici Stati membri (Belgio, Francia, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Danimarca, Finlandia, Grecia, Austria e Slovenia) hanno adottato strumenti giuridici per promuovere la parità di genere negli organi direttivi delle imprese. In otto di questi paesi, la normativa adottata copre le imprese pubbliche. Ma altri undici paesi dell’Ue, tra cui l’Italia, non hanno introdotto né misure di autoregolamentazione, né misure legislative.
I Cda, l’ultimo fortino delle pari opportunità. La Vicepresidente Viviane Reding, Commissaria per la giustizia, ha detto che è “da più di cinquant’anni l’Unione europea promuove con successo l’uguaglianza tra donne e uomini, ma in un solo settore non ha registrato alcun progresso: gli organi direttivi delle imprese. La proposta della Commissione farà in modo che nella procedura di selezione degli amministratori senza incarichi esecutivi sia data la preferenza alle candidate, purché siano sotto-rappresentate rispetto agli uomini ed ugualmente qualificate.”
@AlessioPisano

Che sciocchezza. Le donne non fanno altro che lamentarsi impietosendo gli uomini che cedono a tutte le loro paturnie. Ho avuto esperienze alla università e sul lavoro, di donne che con qualche piagnisteo raggiungevano il loro scopo che è solamente quello di primeggiare e far notare al maschio che loro sono le più brave! Vergogna.
Chiedo scusa, ma in Italia non è entrata in vigore la legge GOLFO-MOSCA per l’introduzione delle quote rosa nei cda di quotate e controllate pubbliche e private? non comprendo allora il significato di quanto riportate nel penultimo paragrafo del vostro articolo: “Ma altri undici paesi dell’Ue, tra cui l’Italia, non hanno introdotto né misure di autoregolamentazione, né misure legislative”. Non riesco a comprendere, potreste chiarirmi dove sbaglio? grazie