Lavoro sommerso: è un fenomeno diffuso in tutta Europa, anche se con ampiezza e percezione diversi da Paese a Paese. In media, però, circa un cittadino europeo su dieci (11%) ammette di aver acquistato nell’anno precedente beni o servizi ottenuti da lavoro sommerso, mentre il 4% ammette di aver ricevuto personalmente pagamenti in nero come corrispettivo per lavori svolti. Inoltre una persona su trenta (3%) è stata pagata parzialmente in contanti (“fuori busta”) dal proprio datore di lavoro. Sono questi alcuni dei risultati di un’indagine Eurobarometro, svolta in vista del prossimo lavoro della Commissione europea, che in aprile proporrà la creazione di una Piattaforma europea dedicata alla prevenzione e alla deterrenza del lavoro sommerso.
L’indagine Eurobarometro è stata svolta in 28 paesi e mostra diversi dati interessanti. L’11% di chi ha risposto ammette di aver comprato l’anno scorso beni o servizi ottenuti da lavoro sommerso, mentre il 4% ammette di aver eseguito attività remunerate in nero; il 60% indica come ragione principale dell’acquisto di beni o servizi ottenuti da lavoro sommerso il minor livello dei prezzi e il 22% lo motiva con favori resi ad amici; il 50% indica come motivo principale del lavoro sommerso i vantaggi per entrambe le parti, il 21% invoca la difficoltà di trovare un lavoro regolare, il 16% la percezione che le tasse siano troppo alte e il 15% l’assenza di altri redditi. Gli europei dei Paesi meridionali indicano con maggior frequenza la difficoltà di trovare un lavoro regolare (41%) o l’assenza di altre fonti di reddito (26%) come fattore che porta al ricorso al lavoro sommerso.
Per beni e servizi ottenuti da lavoro sommerso si spendono in media 200 euro annui. I beni e i servizi per i quali è più frequente il ricorso al sommerso sono riparazioni e ristrutturazioni dell’abitazione (29%), riparazioni di automobili (22%), pulizie domestiche (15%) e alimentazione (12%). Infine, il lavoro sommerso riguarda soprattutto riparazioni e ristrutturazioni dell’abitazione (19%), giardinaggio (14%), pulizie (13%) e servizi di baby-sitting (12%).
Sostiene il Commissario UE per l’Occupazione, gli affari sociali e l’integrazione László Andor: “Il lavoro sommerso non solo espone i lavoratori a condizioni di lavoro pericolose e a guadagni inferiori, ma priva inoltre i governi di gettito fiscale e pregiudica i nostri sistemi di protezione sociale. Gli Stati membri devono implementare politiche tali da disincentivare il lavoro sommerso o promuovere la sua trasformazione in occupazione regolare, nonché cooperare più intensamente per contrastare tale piaga. Pertanto ad aprile la Commissione europea proporrà una Piattaforma europea dedicata alla prevenzione e alla deterrenza del lavoro sommerso, intesa a migliorare la collaborazione tra gli ispettorati del lavoro e gli organismi di contrasto nell’intera Europa”.


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)