Solo lo scorso anno sono state servite 30 mila famiglie e 105 mila persone, per un quarto sotto i 15 anni. L’utenza è dunque giovane, tanto è vero che fra i prodotti in distribuzione ci sono anche giocattoli, articoli per la scuola, soprattutto alimenti per neonati. Il primo rapporto sugli empori solidali, presentato oggi da Caritas Italiana e CSVnet, l’associazione dei centri di servizio per il volontariato, evidenzia i contorni di  un fenomeno che si è ampliato negli ultimi anni. A oggi sono 178 gli empori solidali attivi in Italia, distribuiti in 19 regioni, e almeno altri 20 sono pronti ad aprire entro il 2019.

Gli empori sono una forma avanzata di aiuto alle famiglie che vivono situazioni temporanee di povertà; spesso costituiscono un’evoluzione delle tradizionali e ancora molto diffuse (e indispensabili) distribuzioni di “borse-spesa”, spiegano i promotori del rapporto. La crescita di questo modello è stata ampia soprattutto negli ultimi tre anni, tanto che il 57% degli empori (102) ha aperto tra il 2016 e il 2018, quota che sale al 72% se si considera anche l’anno precedente. Il primo è nato nel 1997 a Genova, mentre è dal 2008, con le aperture degli empori Caritas a Roma, Prato e Pescara, che il modello ha cominciato ad affermarsi.

Sono quattro le caratteristiche comuni a questo servizio, pur nella varietà delle esperienze: l’aspetto e il funzionamento simile a negozi o piccoli market; la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, resi disponibili da donazioni o acquisti, tra i quali i beneficiari possono liberamente scegliere in base ai propri bisogni e gusti; l’essere in rete con altre realtà del territorio per l’individuazione dei beneficiari; il proporre, insieme al sostegno materiale, altri servizi di orientamento, formazione, inclusione e socializzazione.

Nella quasi totalità dei casi gli empori sono gestiti da organizzazioni non profit, spesso in rete fra loro: per il 52% sono associazioni (in maggioranza di volontariato), per il 10% cooperative sociali, per il 35% enti ecclesiastici diocesani o parrocchie, per il 3% enti pubblici. Dall’apertura al 30 giugno 2018 tutti gli empori attivi hanno servito più di 99 mila famiglie e 325 mila persone, di cui il 44% straniere. Una utenza anagraficamente molto giovane: il 27,4% (di cui un quinto neonati) ha meno di 15 anni, appena il 6,4% supera i 65. Prendendo in considerazione solo il 2017, le famiglie beneficiarie sono state oltre 30 mila e le persone 105 mila.

L’accesso agli empori avviene in base alla verifica delle condizioni di difficoltà utilizzando combinazioni di documenti (soglia Isee, Irpef) e colloqui individuali. Le famiglie fanno la spesa gratis utilizzando in più di 150 una tessera (elettronica o manuale) a punti da scalare; in altri empori si utilizzano sistemi simili.

Collaborano direttamente con gli empori più di 1200 imprese, soprattutto supermercati e piccola distribuzione alimentari, cui si aggiunge come fornitore il terzo settore e con esso la raccolta di beni da parte di no profit del territorio, in particolare il Banco Alimentare. Sono 134 gli empori che dichiarano una quota più o meno alta di acquisto diretto. Il rapporto sottolinea la varietà dei beni che vengono distribuiti. “Accanto agli alimenti non deteriorabili, già presenti nei “pacchi” distribuiti sul territorio, gli empori riescono a disporre e hanno la capacità di gestire, mantenendo tutti i requisiti di igiene e sicurezza del prodotto: alimenti freschi e ortofrutta (in 124 servizi), alimenti cotti (in 30) e surgelati – si legge in una nota – Ma anche prodotti per l’igiene e la cura della persona e della casa (in 146 empori), indumenti (in 50), fino ai prodotti farmaceutici, ai piccoli arredi e agli alimenti per gli animali. Molto presenti infine prodotti per bambini e ragazzi: giocattoli (disponibili in 62 realtà), articoli per la scuola e prodotti di cancelleria (in 92) e soprattutto alimenti per neonati (in 150)”.

 

Notizia pubblicata il 05/12/2018 ore 17.40


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