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Diritti umani, Amnesty e la disuguaglianza post pandemia

I diritti umani nel mondo escono male dalla pandemia. Così come escono male i gruppi marginalizzati, i paesi più poveri, le voci critiche e i dissidenti, la speranza complessiva che si potesse uscire dall’emergenza del Covid con un mondo più giusto. Niente affatto. Sono scoppiati nel mondo nuovi conflitti e nuove guerre, o sono proseguiti rendendo le popolazioni civili solo “danni collaterali”, e la comunità internazionale non è in grado di affrontarli.

Disuguaglianza, ancora più disuguaglianza, è quanto esce dagli anni della pandemia che solo a parole dovevano farci uscire migliori. E lo stato dei diritti umani tracciato da Amnesty International lo dimostra, con parole molto dure nei confronti degli stati più ricchi, delle politiche di Big Pharma e dell’incapacità di garantire un mondo più giusto, a partire dalle vaccinazioni.

Amnesty: 2021 è diventato incubatrice di profonda disuguaglianza e maggiore instabilità

«Gli stati ad alto reddito hanno colluso coi giganti aziendali ingannando le persone con slogan vuoti e false promesse su un’equa ripresa dalla pandemia da Covid-19, in quello che è risultato uno dei più grandi tradimenti dei nostri tempi».

È quanto dichiara Amnesty International in occasione del lancio della sua analisi annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Il Rapporto sui diritti umani nel mondo 2021-2022 denuncia che stati e colossi aziendali hanno reso più acuta la disuguaglianza globale.

«Il 2021 avrebbe dovuto essere un anno di ripresa e recupero. Invece, è diventato l’incubatrice di una più profonda disuguaglianza e di una maggiore instabilità, caustiche eredità per gli anni a venire –  ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International – Le promesse di ‘ricostruire meglio’ e affrontare le disuguaglianze che avevano aggravato l’impatto della pandemia sono rimbalzate da un leader a un altro. Questi leader hanno portato in scena una recita sul tradimento e sull’avidità, in combutta con i colossi aziendali. Gli effetti più dannosi sono stati per le comunità più marginalizzate e per quelle affette da povertà endemica».

 

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8 marzo, diritti delle donne sotto attacco

Campagne vaccinali compromesse da nazionalismo e politiche aziendali

Sotto i riflettori di Amnesty ci sono nazionalismo e politiche aziendali che non hanno garantito a tutti i paesi e a tutti i popoli le vaccinazioni. Il successo delle campagne vaccinali non ha portato a un mondo più equo perché i vaccini in molti paesi non sono proprio arrivati.

«Il rapido sviluppo dei vaccini contro il Covid-19 era apparso come la perfetta soluzione scientifica e aveva alimentato la speranza nella fine della pandemia per tutte e per tutti – dice Amnesty International – Invece, nonostante fossero state prodotte sufficienti dosi per vaccinare tutta la popolazione mondiale entro l’anno, il 2021 si è chiuso con meno del quattro per cento della popolazione degli stati a basso reddito completamente vaccinata».

Stati Uniti, Unione europea, Regno Unito hanno fatto scorta di vaccini mentre Big Pharma «anteponeva i profitti alle persone attraverso il rifiuto di condividere la tecnologia che avrebbe consentito una maggiore distribuzione dei vaccini».  Nel 2021 Pfizer, BioNTech e Moderna hanno stimato profitti fino a 54 miliardi di dollari ma meno del 2% della loro produzione è andato ai paesi a basso reddito.

Ritorno alle politiche di disuguaglianza

«Sui palcoscenici globali del G7, del G20 e della Cop26, i leader politici ed economici hanno dedicato scarsa attenzione alle politiche che avrebbero potuto generare un’inversione di rotta nell’accesso ai vaccini, aumentare gli investimenti nella protezione sociale e affrontare l’impatto del cambiamento climatico – ha commentato Callamard – I capi di Big Pharma e Big Tech ci hanno raccontato storie sulla responsabilità d’impresa. Poteva essere il momento spartiacque per la ripresa, per un cambiamento genuino e importante, per un mondo più giusto. Invece l’opportunità è andata persa e si è tornati a quel tipo di politiche che alimentano la disuguaglianza. I soci del ‘Club dei ragazzi ricchi’ hanno fatto promesse in pubblico che si sono rimangiati in privato».

Ce n’è anche per le piattaforme social come Facebook, Instagram e Twitter che, aggiunge Amnesty, sono state terreno fertile per la disinformazione, favorendo la diffusione dello scetticismo sui vaccini.

«Queste aziende hanno consentito ai loro remunerativi algoritmi di diffondere una pericolosa disinformazione sulla pandemia, dando priorità al sensazionalismo e alla discriminazione a discapito della verità. La dimensione dei profitti ricavati dalla disinformazione e l’impatto di tutto ciò sulla vita di milioni di persone pongono in capo a queste aziende importanti domande cui rispondere», ha detto Callamard.


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