Il 2 gennaio è morta, a causa di un malore, Sandrine Bakayoko, una giovane ragazza ivoriana di 25 anni. Arrivata in Italia a settembre 2016, si apprende da fonti stampa, si trovava nel Centro di Prima Accoglienza di Conetta, una frazione di Cona, in attesa della risposta alla sua richiesta d’asilo. Il CPA di Cona si trova all’interno di un’ex base militare in provincia di Venezia e la ragazza vi risiedeva insieme ad altre 1.300 persone.

“Una struttura al collasso e sovraffollata”, spiega Cittadinanzattiva, “una ex base missilistica riconvertita in centro di prima accoglienza, dove risulta che il numero delle persone stipate fosse di circa il doppio della capienza prevista e gestita da una cooperativa sulla quale ci risulta pendano due indagini per truffa, falso e maltrattamenti”.

Secondo quanto riportato da fonti stampa, arrivavano da diverso tempo denunce sulle condizioni di vita disumane all’interno del Centro, anche da parte dei migranti, che segnalavano la mancanza di servizi igienici e la scarsità dei pasti.

“Un fatto che smaschera nuovamente e nel modo più tragico il fallimento delle politiche di cosiddetta accoglienza finora messe in campo”, così Laura Liberto, coordinatrice nazionale di Giustizia per i diritti-Cittadinanzattiva, commenta la morte di Sandrine Bakayoko, “è un fatto di inaudita gravità”.

“Da tempo con la campagna inCAStrati, promossa assieme a LasciateCIEntrare”, continua Liberto, “denunciamo le gravissime carenze del sistema di accoglienza, le logiche emergenziali che lo ispirano, l’assenza di una programmazione e di una politica governativa organica sull’accoglienza dei richiedenti asilo, la mancanza di trasparenza negli affidamenti di strutture e nella gestione dei servizi, le speculazioni che tutto ciò produce sulla pelle dei migranti. Le continue denunce delle organizzazioni della società civile sulle disastrose condizioni in cui versano i richiedenti asilo nelle strutture di accoglienza disseminate sul territorio nazionale, troppo spesso ai limiti della decenza, troppo spesso carenti dei servizi più elementari, troppo spesso luoghi di quotidiana violazione dei diritti umani, finora sono rimaste puntualmente inascoltate e disattese. La morte della giovane ivoriana rappresenta, pertanto, una tragedia prevedibile, in seguito alla quale ci attendiamo e richiediamo un cambio di rotta sulla gestione dell’accoglienza, rimettendo al centro diritti degli ospiti e trasparenza nelle gestioni, consentendo alle organizzazioni della società civile di monitorare il funzionamento delle strutture. Purtroppo i recenti annunci del Ministro Minniti sulla apertura di CIE in tutte le regioni sembrano percorrere la direzione opposta”.


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