“In vista della stagione di raccolta, con il Ministro Giuliano Poletti stiamo lavorando al rafforzamento dei controlli a partire da 15 territori prioritari”.
Tra le azioni è prevista l’attivazione di task force composte dagli ispettori del Lavoro e supportate da Carabinieri e Corpo Forestale dello Stato, con un aumento significativo di uomini e mezzi impiegati nel controllo delle nostre campagne. L’obiettivo è quello di incrementare ancora le verifiche, che lo scorso anno sono aumentate di oltre il 50%, tutelando la salute e la dignità dei lavoratori.
Un’operazione incisiva che salvaguarda anche le aziende in regola che subiscono la concorrenza sleale di chi infrange la legge. Non è ammissibile nessuna forma di sfruttamento, per questo vogliamo continuare ad alzare il livello di contrasto. È importante per questo che la legge ora al Senato sia esaminata rapidamente, perché avere più strumenti penali e rafforzare la nostra rete del lavoro agricolo di qualità è un passaggio fondamentale”. Così il Ministro Maurizio Martina spiega il lavoro su un’operazione straordinaria contro il caporalato. “Dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e costruire strumenti operativi che aiutino a fare il salto di qualità necessario”.
Sono circa 100mila “nuovi schiavi” che lavorano tra filari di vite e campi di pomodori: giovani, spesso stranieri, molte volte europei dell’Est o nord-africani, tanti anche gli italiani. Il 71% gli italiani però dichiara che sarebbe favorevole all’introduzione di un’etichetta eticamente trasparente che certifichi il prodotto anche sotto il profilo etico (indagine condotta dal Ministero delle politiche agricole, ndr) e rifiutano perciò di acquistare un prodotto frutto di lavoro sottoposto al caporalato.
Al momento gli strumenti normativi proposti per la risoluzione del fenomeno sono andati nella direzione di un’intensa attività di controllo che, come dichiarato pochi mesi fa da Cinzia Pagni, vicepresidente Cia, “crea un clima asfissiante di caccia alle streghe anche in tutte quelle aziende sane che svolgono il proprio lavoro in piena onesta”. Alle associazioni di produttori agricoli sembra quindi più opportuna un’azione congiunta tra associazioni di impresa, sindacati e pubblica amministrazione che, soprattutto a livello locale, gestiscano in maniera trasparente il mercato del lavoro agricolo.


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