
Allevamenti senza gabbie, End the Cage Age: si possono e si devono fare (photo credit: End the Cage Age/CIWF)
Allevamenti senza gabbie, End the Cage Age: si possono e si devono fare
«La transizione verso allevamenti senza gabbie è fattibile, oltre che doverosa», affermano LAV e CIWF Italia Onlus che hanno presentato due studi a sostegno del passaggio all’era cage free
Il passaggio agli allevamenti senza gabbie si può e si deve fare. La transizione verso un’era cage-free, senza gabbie per gli animali allevati, è la richiesta che la coalizione italiana End the Cage Age rinnova a partire dal successo della petizione europea, dall’impegno conseguente delle istituzioni e dai risultati delle ricerche che la coalizione, formata da 22 associazioni, continua a presentare a supporto del benessere animale. Che è obiettivo degli animalisti come pure dei consumatori, sempre più sensibili al tema del benessere degli animali allevati per ragioni etiche e salutistiche.
«È giunto il momento di cambiare pagina e relegare l’allevamento in gabbia al passato», ribadisce la coalizione italiana End the Cage Age davanti a due studi, i casi delle galline ovaiole e delle scrofe, presentate qualche giorno fa durante il convegno La transizione possibile verso un’era senza gabbie: il caso dell’Italia – Dare seguito all’Iniziativa dei Cittadini Europei End the Cage Age che si è svolto a Roma.
Si tratta di uno studio Lav che dimostra come la domanda/offerta del mercato italiano renda sostenibile il divieto delle gabbie per le galline ovaiole, e di una ricerca del CRPA per CIWF Italia che quantifica i costi della transizione cage-free nell’allevamento delle scrofe.
«La transizione verso allevamenti senza gabbie è fattibile, oltre che doverosa», affermano LAV e CIWF Italia Onlus.

Allevamenti senza gabbie: il caso delle galline ovaiole e delle scrofe
Il primo studio, condotto da Lorenza Bianchi, dottore di ricerca in scienze economiche e Responsabile Area Animali negli allevamenti LAV, sottolinea come l’evoluzione delle forze di mercato, nel contesto italiano e in riferimento all’allevamento delle galline ovaiole, rappresenti un fattore chiave a sostegno della transizione verso un’era senza gabbie.
I consumatori sono sempre più attenti al benessere degli animali allevati a scopi alimentari, sia per motivi etici che per ragioni di carattere salutistico e di sostenibilità ambientale. Produttori e distributori sono consapevoli di questa tendenza di mercato e in molti hanno già scelto di spostare la produzione verso sistemi di allevamento alternativi alle gabbie per incontrare le preferenze dei consumatori.
«Vietare l’uso delle gabbie è il primo passo nella direzione giusta, in cui si riconosca che un sistema basato sul maltrattamento degli animali ha implicazioni negative non solo sulla loro vita, ma anche su quella delle persone – spiega Bianchi – Si pensi all’influenza aviaria e al grande rischio derivante dalle zoonosi. I tempi sono maturi per un divieto formale, che riconosca il cambiamento già in atto».
Lo studio del CRPA – Centro Ricerche Produzioni Animali per conto di CIWF Italia Onlus analizza nel dettaglio i costi di passaggio a sistemi cage-free per le scrofe nelle fasi di fecondazione-gestazione e maternità. Un allevamento a ciclo chiuso o da riproduzione può arrivare a spendere fino a 3.000 euro per scrofa in produzione per gli interventi di ristrutturazione e ampliamento delle porcilaie esistenti. Gli investimenti da realizzare per la transizione a sistemi senza gabbie in Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna, tre regioni dove vengono allevati il 77,3% dei suini totali e il 64,6% delle scrofe, secondo questo report ammontano a circa 907 milioni di euro.
«La transizione a sistemi d’allevamento cage-free richiede per gli allevatori investimenti importanti che per essere sostenibili economicamente necessitano del supporto di fonti di finanziamento pubbliche quali alcune specifiche misure del Programma di Sviluppo Rurale e gli Ecoschemi inclusi nella nuova PAC», ha dichiarato Alessandro Gastaldo, ricercatore del CRPA.
End the Cage Age, consumatori attenti al benessere animale
«Abbiamo il dovere, come persone, come essere umani, di dare agli animali una vita che sia almeno degna – che sia giusta. Ma questo non è mai possibile nell’allevamento intensivo e tantomeno lo è in uno dei suoi simboli e strumenti più crudeli, la gabbia», ha dichiarato Annamaria Pisapia, direttrice CIWF Italia.
Chiede allevamenti senza gabbie l’iniziativa dei cittadini europei End the Cage Age, supportata da oltre 1.4 milioni di persone, che ha condotto all’impegno della Commissione Europea a presentare entro il 2023 una proposta legislativa per vietare le gabbie entro il 2027.
Il 30 giugno dello scorso anno, infatti, la Commissione europea si è impegnata a eliminare gradualmente l’uso delle gabbie negli allevamenti europei tramite una normativa dedicata. Una volta presentata, la proposta legislativa dovrà essere approvata anche dal Consiglio dell’Unione europea, formato dagli Stati Membri. I consumatori hanno risposto insomma all’appello per un’era senza gabbie.
«I consumatori- ha detto il presidente di Animal Law Italia Alessandro Ricciuti – sono disposti a pagare di più per prodotti da sistemi più attenti al benessere animale e hanno dato un chiaro mandato ai parlamenti dei singoli Paesi di intervenire senza attendere i tempi europei, che saranno più lunghi. In Italia con la modifica dell’art. 9 della Costituzione il miglioramento della protezione degli animali è diventato un dovere del legislatore».
LAV e CIWF, insieme a tutte le associazioni intervenute, e a nome di tutta la coalizione italiana End The Cage Age, hanno rinnovato l’appello al Governo italiano a dare il proprio fondamentale contributo sostenendo la proposta legislativa della Commissione per vietare le gabbie in UE e avviando, tramite politiche economiche mirate, la transizione cage-free anche in ambito nazionale.
