La BCE lascia invariati i tassi di interesse

La BCE lascia invariati i tassi di interesse

La BCE ha deciso oggi di mantenere invariati i tre tassi di interesse di riferimento. Pertanto i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente al 4,50%, al 4,75% e al 4,00%.

Tassi di interesse invariati, il commento dei Consumatori

“Bene, era ora – commenta Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. – Dopo 10 rialzi consecutivi non avrebbe avuto alcun senso logico proseguire con una politica monetaria così restrittiva”.

“Ora, però, bisogna che i Governi europei facciano la loro parte, se non vogliono ulteriori incrementi dei tassi. Perché è vero che a settembre l’inflazione a settembre ha registrato un netto calo, ma il problema irrisolto di luce gas può portare nei mesi più freddi ad una nuova impennata dei beni energetici, specie si ci saranno sviluppi negativi nelle guerre in corso. Che fine ha fatto, ad esempio, l’alternativa al TTF di Amsterdam? E il disaccoppiamento tra luce e gas?”, si domanda Dona.

“La Bce lascia invariati i tassi di interesse, ma i continui aumenti delle rate mensili scattati negli ultimi due anni per effetto delle decisioni della Banca Centrale pesano fino a quasi +4.400 euro all’anno su chi ha acceso un finanziamento a tasso variabile“, afferma il Codacons.

“Considerata una fascia media di mutuo a tasso variabile di importo compreso tra i 125mila e i 150mila euro, per una durata di 25 anni, ossia l’importo più richiesto in Italia da chi accende un finanziamento per l’acquisto di una casa, la rata mensile è salita complessivamente negli ultimi due anni tra i +270 e i +365 euro per effetto di tutti gli incrementi imposti dalla Banca Centrale Europea a partire dal 2022 – analizza il Codacons –. Questo significa che una famiglia che ha acceso un mutuo a tasso variabile si ritrova a spendere oggi in media tra i +3.240 e +4.380 euro all’anno rispetto a quanto pagato nel 2021, come conseguenza delle politiche monetarie della Banca Centrale Europea”.


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