Fra i 40/60 km/h la probabilità di morte per i non cinturati e’ superiore di 10 volte rispetto ai cinturati. E’ quanto emerge da uno studio dell’UPI (Ufficio prevenzione Incidenti della Svizzera) sull’utilità delle cinture di sicurezza. La ricerca è stata ripresa da Il Centauro, rivista ufficiale dell’Asaps (Associazione sostenitori amici della polizia stradale) con un’intervista al dr. Franco Taggi direttore del reparto "Ambiente e Traumi" dell’Istituto superiore di Sanità.

In particolare, dallo studio emerge che le cinture di sicurezza cominciano a produrre una differenza sulle probabilità di mortalità in auto, a partire dai 25 Km/h circa e in modo prima limitato, ma via via progressivo raggiungono il massimo di efficacia negli impatti intorno ai 40-60 Km/h. Se la probabilità del rischio di mortalità – spiega l’Asaps in una nota – per chi non le indossa inizialmente può essere di 2 volte più elevata rispetto a chi le allaccia, la forbice tocca la punta di rischio di mortalità superiore di 10 volte rispetto a chi indossa le cinture proprio a 40-60 Km/h, per poi ridiscendere fino ad annullarsi intorno ai 111 Km/h.

Nell’intervista Taggi fa notare che lo studio, con relativi grafici, prende in considerazione la sola ipotesi dell’incidenza e differenza dei cinturati rispetto ai non cinturati: "la differenza nelle lesioni rimane sempre e comunque, tanto che le lesioni gravi senza cinture possono diventare meno gravi o lievi con le cinture. C’è sempre poi un più elevato fattore di rischio per i canoni estetici, in particolare del viso".

Secondo il direttore del reparto Ambiente e Traumi dell’Iss "la maggior parte degli incidenti stradali avviene a valori contenuti di velocità, tipici del "range" dove la cintura "funziona": quindi, nella gran parte degli scontri ci troviamo in una fascia di energia (di velocità) dove la cintura E’ in grado di proteggere efficacemente i soggetti che la indossano".


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