Una strategia integrata che coniughi le esigenze di chi vuole promuovere il proprio prodotto sui mercati esteri, con coloro che intendono investire fuori dall’Italia. E’ la richiesta per la tutela del patrimonio agroalimentare italiano del direttore generale della Confagricoltura Vito Bianco, intervenendo oggi alla Tavola rotonda "La protezione e l’internazionalizzazione dei prodotti tipici", organizzata a Roma da Buonitalia.

Confagricoltura afferma in una nota di chiedere da tempo "una struttura dedicata specificamente ai temi della internazionalizzazione dell’agroalimentare. Per evitare che le politiche indirizzate a tale settore siano indistinte rispetto a quelle della tutela del Made in Italy. Ma anche per coordinare l’attività promozionale di tutti i vari soggetti, dalle Camere di Commercio alle Regioni, che hanno ormai competenza anche in queste materie".

Sulla questione delle denominazioni d’origine per Bianco "l’unica vera maniera per tutelare questo nostro patrimonio – ha detto – è il riconoscimento del registro multilaterale in ambito Wto". Proprio in questi giorni, gli Usa soprattutto, hanno avanzato proposte massimaliste per la riduzione dei sostegni e delle tariffe in agricoltura. "La risposta dell’Europa è stata forse troppo timida. Occorre quindi un maggiore attivismo a Bruxelles su questo dossier – ha detto Bianco- anche perché si tratta di un aspetto su cui l’Europa può chiedere un’adeguata contropartita agli impegni di liberalizzazione degli scambi che ha già assunto: dalla riforma del 2003, all’apertura delle frontiere, sino all’eliminazione delle restituzioni all’export».

Il direttore di Confagricoltura ha inoltre ricordato che, alla Conferenza di Cancùn l’Europa ha presentato, accanto alla richiesta di istituzione del registro multilaterale, anche un "’ipotesi di minima": il mutuo riconoscimento di una lista di soli 41 prodotti europei (le Dop e le Igp sono quasi 700), di cui 14 italiani tra cui il Chianti, la Grappa, il Parmigiano, il Grana Padano ed i prosciutti di Parma, San Daniele etc. Con il fallimento della Conferenza di Cancùn la proposta è stata accantonata ma potrebbe tornare in discussione. "Non è certo questa la soluzione ai nostri problemi – ha concluso il direttore generale – La lista minima, se sarà accettata a livello multilaterale, deve costituire solo il primo passo verso l’obiettivo più generale che era e resta quello di un registro multilaterale a vasto raggio, con procedure e criteri di gestione che devono essere affidati al Wto".


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