La Regione dove si vuole costruire un impianto nucleare deve essere "adeguatamente coinvolta nel procedimento" con l’espressione di un "parere obbligatorio, seppure non vincolante". È quanto stabilito dalla Corte Costituzionale che oggi, nella sentenza 33/2011, ha dichiarato "l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 del decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 31 (Disciplina della localizzazione, della realizzazione e dell’esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché misure compensative e campagne informative al pubblico, a norma dell’articolo 25 della legge 23 luglio 2009, n. 99) nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari".

Argomenta la Corte nella sentenza: "La potenziale attitudine del singolo impianto nucleare, per quanto materialmente localizzato in un determinato territorio, a incidere sugli interessi e sui beni di comunità territoriali insediate anche in altri ambiti regionali, giustifica la previsione – ai fini del rilascio dell’autorizzazione unica – dell’intesa con la Conferenza unificata, quale sede privilegiata per la rappresentazione delle istanze e delle esigenze proprie di tutti i livelli di governo coinvolti. Sicché, il meccanismo concertativo adottato dal legislatore delegato va, nel caso di specie, valutato unitariamente alla luce della circostanza che la partecipazione della singola Regione interessata si è già realizzata nella fase anteriore della certificazione dei siti in relazione alla quale è necessaria l’acquisizione dell’intesa, appunto, con ciascuna delle Regioni il cui territorio risulti idoneo alla localizzazione dell’impianto. Per contro, la previsione dell’intesa con la Regione interessata anche nella fase di rilascio dell’autorizzazione – come prospettato dalle ricorrenti – costituirebbe un onere procedimentale destinato soltanto ad aggravare l’attività amministrativa preordinata al rilascio dell’autorizzazione unica, in modo del tutto sproporzionato rispetto alle esigenze di partecipazione e di codecisione paritaria già adeguatamente appagate dall’intesa con la Conferenza unificata e, comunque, preceduta dall’intesa con la Regione interessata. Pur in questo contesto la Regione interessata deve essere adeguatamente coinvolta nel procedimento".

Prosegue la Corte: "Un adeguato meccanismo di rappresentazione del punto di vista della Regione interessata, che ragionevolmente bilanci le esigenze di buon andamento dell’azione amministrativa e gli interessi locali puntualmente incisi, è costituito dal parere obbligatorio, seppur non vincolante, della Regione stessa. Attraverso tale consultazione mirata, la Regione è messa nelle condizioni di esprimere la propria definitiva posizione, distinta nella sua specificità da quelle che verranno assunte, in sede di Conferenza unificata, dagli altri enti territoriali. Pertanto, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 nella parte in cui non prevede che la Regione interessata, anteriormente all’intesa con la Conferenza unificata, esprima il proprio parere in ordine al rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio degli impianti nucleari".

Positivo il commento di Legambiente. Afferma il presidente Vittorio Cogliati Dezza: "Per realizzare qualsiasi infrastruttura è necessaria la condivisione con il territorio, a maggior ragione per impianti che condizionano lo sviluppo futuro dell’area che li ospiterà. Questo vale ancor di più per le centrali nucleari che hanno un fortissimo impatto in termini d’inquinamento locale e che sono molto discutibili dal punto di vista della sicurezza".

Per il presidente di Legambiente, dunque, "oggi dalla Consulta è arrivato un segnale significativo che ristabilisce il diritto dei territori a partecipare al processo decisionale per opere che hanno grandissime ricadute ambientali e sociali. Se il governo – conclude il presidente di Legambiente – continuerà nel folle progetto di riattivare le centrali nucleari nel Paese, dovrà aspettarsi una grande stagione di conflitti sociali e istituzionali che colpevolmente faranno perdere ulteriore tempo al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni imposti dall’Ue, che invece potrebbero essere conseguiti in modo più sostenibile e in tempi più brevi con l’efficienza energetica e lo sviluppo delle fonti rinnovabili".

Per Federconsumatori, la sentenza della Corte Costituzionale "rappresenta un ulteriore ed importante segnale affinché il Paese non sostenga oneri e costi del tutto inutili e prematuri. Fino a quando non sarà noto l’esito del referendum per l’abrogazione delle norme che riaprono alla produzione di elettricità attraverso la tecnologia nucleare, che la stessa Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile, riteniamo indispensabile bloccare ogni attività o nomina in vista del ritorno al nucleare del nostro Paese. In tal senso, pertanto, richiediamo – aggiunge l’associazione – che non si insedi l’Agenzia per il Nucleare, che non siano attribuiti dipendenti a tale agenzia, né che vengano disposte remunerazioni per i componenti, soprattutto alla luce della mancanza dei necessari requisiti di carattere legislativo da parte di alcuni suoi componenti".


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