Dopo l’alluvione nelle Cinque Terre e in Lunigiana, il maltempo nel fine settimana s’è abbattuto su Genova portandosi via sei vite umane e lasciando la città sgomenta, ma anche carica di indignazione nei confronti dell’amministrazione comunale. Oggi in città è lutto cittadino. In tutto il Nord si guarda alla piena del Po, a Sud si contano nuove vittime. Oltre il dolore, e oltre l’emergenza, si cerca di capire quali sono le cause di tanto sfacelo e come comportarsi per evitare che fenomeni climatici sempre più estremi devastino un territorio di per sé fragile.

Secondo gli ambientalisti, due sono le certezze di quanto sta accadendo: che il clima è cambiato e gli eventi estremi sono più frequenti; che non s’è sviluppata un’adeguata preparazione per fronteggiare questi eventi, tanto più in un paese dove gran parte del territorio è a rischio idrogeologico – secondo il Rapporto Ecosistema Rischio 2010 di Legambiente e della Protezione civile, ad esempio, sono ben 6.633 i comuni in cui sono presenti aree ad alta criticità idrogeologica e ci sono abitazioni costruite in aree pericolose nell’82% dei comuni. Sono realizzate in aree golenali, vicino alvei e aree a rischio frana, e nel 31% dei casi in tali aree ci sono interi quartieri.

Gli eventi di Genova, oltre a creare sconcerto, destano preoccupazione per la gestione inadeguata dell’alluvione. E’ quanto sottolineato da Legambiente attraverso le parole del suo presidente Vittorio Cogliati Dezza. "E’ incredibile – ha detto – che una forte perturbazione, valutata già pericolosa e per di più annunciata da giorni, abbia trovato una città così impreparata. Siamo in una situazione paradossale, da un lato l’elevate capacità tecnologiche del sistema di previsioni meteo e dall’altro una popolazione incapace o impossibilitata ad assumere i comportamenti adeguati. E’ evidente che al fondo c’è una cultura, a partire dai responsabili del governo del territorio, di sottovalutazione del rischio. Dobbiamo convincerci – ha proseguito Cogliati Dezza – che piogge così intense non sono più eccezionali ma stanno diventando, purtroppo ordinari. Per questo è fondamentale che le persone siano in grado di affrontare la situazione di pericolo, così come avviene in Giappone per i terremoti o negli USA per gli uragani, evitando il panico e agendo con razionalità". Legambiente sottolinea la necessità di un cambiamento nella comunicazione ai cittadini, di esercitazioni adeguate, di una preparazione di massa per affrontare i rischi. "Servono sistemi più efficaci di allerta alla popolazione – ha concluso il presidente di Legambiente – oltre che, ovviamente, interventi ormai ineludibili nella manutenzione e gestione del territorio".

Greenpeace a sua volta sottolinea il peso del caos climatico. "È certo che ci sono molte cause per la violenza dei fenomeni meteo che stanno colpendo il nostro Paese, e che ve ne sono altrettante per i danni e le vittime che producono, compresi il dissesto idrogeologico e la gestione del territorio – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – È altrettanto chiaro, però, che questi eventi sono sempre più frequenti e intensi e che, come ha ricordato il presidente Napolitano, essi sono la conseguenza dei cambiamenti climatici prodotti dall’uomo". Per l’associazione, eventi atmosferici estremi come quelli di queste settimane saranno sempre più frequenti e violenti se non si inverte presto la rotta in materia di emissioni di gas serra. Greenpeace chiede l’impegno della politica e dell’industria energetica e sostiene che "il governo italiano è del tutto latitante, anche in vista della prossima conferenza di Durban, dove si deciderà del futuro del protocollo di Kyoto: l’Italia gioca costantemente una partita di retroguardia nel contrasto ai cambiamenti climatici, anche in sede europea".


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