Sviluppo sostenibile, il Rapporto ASviS sull’andamento territoriale in Italia
L’ASviS ha analizzato le tendenze di regioni, provincie e città metropolitane in merito al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati nell’Agenda 2030 dell’ONU
L’Italia è ancora lontana dalla sostenibilità economica, sociale e ambientale, tuttavia sempre più regioni, provincie e città metropolitane pianificano le loro strategie facendo riferimento all’Agenda 2030 dell’ONU. È quanto emerge dal nuovo Rapporto dell’ASviS “I territori e lo sviluppo sostenibile”.
Secondo l’indagine, infatti, gran parte delle regioni e delle città metropolitane usano l’Agenda 2030 come riferimento concettuale e come strumento pratico per coordinare meglio le politiche settoriali di propria competenza, mentre – osserva l’ASviS – il Governo stenta ancora ad allinearsi a questa impostazione, se non all’interno del Piano Sud 2030.
“Le analisi dell’ASviS mostrano chiaramente che l’Italia non è su un sentiero in linea gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e la crisi in atto impatta negativamente su ben nove di essi – commenta il presidente dell’ASviS Pierluigi Stefanini. – Per questo è necessaria e urgente una mobilitazione di tutte le energie sociali, civili, economiche e istituzionali del Paese ed è fondamentale l’impegno dei territori, e delle loro istituzioni”.
Sviluppo sostenibile nelle Regioni
Gli indicatori compositi individuati dall’ASviS mettono in evidenza posizionamento e andamento delle Regioni negli anni 2010-2019 per ogni Obiettivo di sviluppo sostenibile, in relazione al dato nazionale, mentre gli indicatori relativi ai target quantitativi, oltre a misurare la distanza dai singoli obiettivi, ci dicono se, considerate le tenenze osservate negli ultimi anni, essi potranno essere o meno raggiunti.
In particolare l’ASviS ha osservato che oltre il 90% delle regioni e delle province autonome ha raggiunto o raggiungerà il 25% di superficie agricola utilizzata da coltivazioni biologiche; circa il 70% ridurrà del 25% rispetto al 2013 il tasso di mortalità per le principali cause tra i 30 e i 69 anni; oltre il 60% riuscirà a ridurre al 10% la quota di uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione (18-24 anni) e circa il 50% a raggiungere una quota del 32% di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo di energia.
Le tendenze negative
Di contro, oltre due terzi delle regioni e delle province autonome si sta allontanando o non si avvicinerà ai target relativi a: riduzione della quota di fertilizzanti distribuiti in agricoltura (del 20% rispetto al 2018) e del tasso di feriti per incidente stradale del 50% rispetto al 2010; raggiungimento della parità di genere nel tasso di occupazione (20-64 anni) e di una quota dell’80% nell’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua potabile.
Tendenze negative sono state riscontrate anche in merito a: riduzione a 4,2 dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile; aumento del 26% dei posti-km offerti dal trasporto pubblico locale rispetto al 2004; riduzione del 27% dei rifiuti urbani prodotti pro-capite del rispetto al 2003; raggiungimento di una quota del 10% di aree protette marine; azzeramento entro il 2050 dell’incremento annuo di suolo consumato.