La Commissione europea ha deciso oggi di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE in due cause distinte riguardanti la legislazione ambientale. La prima causa riguarda l’inquinamento atmosferico e la mancata protezione dei cittadini dagli effetti del biossido di azoto (NO2). In particolare, la Commissione invita l’Italia a rispettare i valori limite convenuti sulla qualità dell’aria e ad adottare misure adeguate per ridurre i livelli di inquinamento in dieci agglomerati in cui risiedono circa 7 milioni di persone.

I valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell’UE in materia di qualità dell’aria ambiente (direttiva 2008/50/CE) avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010.

Il ricorso si inserisce nel seguito di azioni analoghe adottate nei confronti di Francia, Germania e Regno Unito nel maggio 2018 per mancato rispetto dei valori limite di NO2 e per aver omesso di prendere misure appropriate per ridurre al minimo i periodi di superamento. Nel maggio 2018 l’Italia era stata deferita alla Corte di giustizia per via dei livelli costantemente elevati di particolato (PM10).

Ma non è solo la qualità dell’aria ad aver messo l’Italia in una posizione scomoda nei confronti dell’Europa. La seconda causa riguarda infatti l’inquinamento dell’acqua.

Il nostro Paese non garantisce che tutti gli agglomerati con una popolazione di oltre 2.000 abitanti dispongano di reti fognarie per le acque reflue urbane e che le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie siano trattate in modo adeguato prima dello scarico, come prescritto dalla direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane, direttiva 91/271/CEE del Consiglio).

La Commissione ritiene che 620 agglomerati in 16 regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) violino le norme UE sugli obblighi di raccolta o trattamento delle acque reflue urbane.

L’Italia non rispetta le norme dell’UE in queste regioni da oltre 13 anni, con notevoli rischi per l’ambiente e la salute umana in un gran numero di agglomerati. Il carattere generale e persistente della violazione da parte dell’Italia degli obblighi di raccolta e trattamento previsti dalla direttiva sulle acque reflue urbane è confermato da altre due cause, riguardanti agglomerati più grandi, in una delle quali la Corte ha condannato l’Italia al pagamento di ammende.

“La notizia del deferimento dell’Italia alla Corte Giustizia Ue per smog e fogne, arrivato oggi dalla Commissione Europea e che segue quello del 2018 per sforamenti dei limiti di Pm10, non ci sorprende affatto”, dichiara il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani. “È la conferma di quanto poco il nostro Paese abbia fatto in questi anni su questi due fronti sui quali, invece, è urgente intervenire. Se continuiamo di questo passo potrebbero arrivare altri deferimenti e nuovi possibili maxi-multe, e a pagare ancora una volta sarebbero i cittadini in termini di salute e soldi”.

“Per questi motivi”, conclude Ciafani, “è urgente realizzare al più presto un Piano Nazionale contro l’inquinamento, penalizzare economicamente il traffico motorizzato privato investendo sul potenziamento del trasporto pubblico locale, pendolare e su ferro; ridurre le emissioni industriali e quelle prodotte dal riscaldamento; dall’altro lato velocizzare al più presto la messa a norma di quei sistemi fognari e depurativi su cui l’Europa, sempre attenta all’ambiente e alla salute dei cittadini, da anni ci chiede di intervenire”.

 

Notizia pubblicata il 07/03/2019 ore 17.25


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