L’accordo di programma sulla qualità dell’aria tra le Regioni del nord Italia, che dovrebbe essere siglato già ad ottobre, rischia di essere uno strumento monco senza una decisione chiara sul futuro della centrale di Porto Tolle. Questo il timore di Greenpeace rispetto a quanto discusso alcuni giorni fa in un vertice a Milano tra il ministro dell’Ambiente Orlando, il governatore della Lombardia Maroni e i rappresentanti delle altre Regioni del nord Italia.
“Mentre si ragiona soprattutto di mobilità e di limitazioni al trasporto su gomma, con comprensibile preoccupazione per le procedure d’infrazione dell’UE nei confronti del nostro Paese, è ancora in piedi il progetto per la conversione a carbone di una vecchia centrale a olio combustibile dell’Enel che vanificherebbe qualsiasi altra misura di protezione della qualità dell’aria – spiega Andrea Boraschi, responsabile campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – Greenpeace guarda con favore a qualsiasi misura volta a migliorare la qualità dell’aria in Pianura Padana, che è la Regione in Europa con i più alti livelli di inquinamento atmosferico,  si cerchi però di non prendere in giro l’opinione pubblica”.
Una centrale a carbone a Porto Tolle emetterebbe 2.800 tonnellate l’anno di ossidi di azoto, quanto 3,5 milioni di auto nuove in un anno, e 3.700 tonnellate di ossidi di zolfo, pari a 2,3 volte le emissioni annue dell’intero settore trasporti in Italia. Se Porto Tolle resta in piedi, per Greenpeace ogni altro impegno risulta poco credibile pertanto l’Associazione chiede al ministro Orlando se ritiene compatibile la realizzazione di una centrale a carbone a Porto Tolle con la difesa dell’aria in Pianura Padana.


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