Il gigante del tonno Mareblu sarà interamente sostenibile da qui al 2016. Mentre il primo prodotto Mareblu sostenibile dovrebbe essere disponibile ai consumatori italiani già entro l’anno. È quanto annuncia oggi Greenpeace, che ha fatto pressione sulla sostenibilità del tonno in scatola a partire dalla campagna “Tonno in trappola”. Nell’ultimo rapporto si evidenziava che le scatole di tonno hanno “troppi segreti” perché nella metà dei casi il consumatore non sa che specie di tonno mangia; solo il 7% delle scatolette indica l’area di pesca; quasi nessuno specifica come è stato pescato il tonno, tanto che nel 97% delle scatolette il metodo di pesca non è affatto indicato.
L’associazione ambientalista ha reso noto che, proprio grazie a questa campagna, Mareblu ha annunciato oggi il suo impegno a utilizzare solo metodi di pesca sostenibili: entro la fine del 2016 il 100% del tonno Mareblu sarà pescato solo con canna (Pole&Line) o con reti a circuizione senza uso di sistemi di aggregazione per pesci (FAD). I sistemi FAD, utilizzati per concentrare i tonni, fanno sì che nelle reti finiscano anche specie diverse: si stima che, per ogni nove chilogrammi di tonni catturati, si peschi un chilogrammo di altri pesci. Le catture accessorie della pesca su FAD potrebbero superare le 182 mila tonnellate all’anno, afferma Greenpeace.
Mareblu si è impegnata anche ad appoggiare la creazione di riserve marine nelle zone d’alto mare del Pacifico, a incrementare nei propri prodotti la quota percentuale di tonnetto striato (unica specie al momento non in crisi) e a offrire maggiore trasparenza ai consumatori, indicando in etichetta oltre al nome della specie, l’area e il metodo di pesca.
Sostiene Giorgia Monti, responsabile della campagna Mare di Greenpeace: “Mareblu è il primo marchio italiano a impegnarsi chiaramente nell’eliminare l’uso di reti a circuizione con FAD, un metodo di pesca distruttivo che non solo cattura numerose specie in pericolo ma anche esemplari giovani di tonno aggravando la crisi degli stock”.


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