Ai lettori italiani piacciono i libri in carta riciclata: il 91,5% non lamenta alcun problema di leggibilità sulla carta riciclata rispetto a quella prodotta con fibra vergine. E sebbene l’84,8% sarebbe disposto a pagare una piccola somma in più se il problema per l’editore fosse il costo più elevato della carta riciclata, la restante parte ritiene che l’eventuale prezzo maggiorato non dovrebbe ricadere sul consumatore. Sono i risultati di un sondaggio sulla carta riciclata lanciato da Greenpeace un mese fa, pubblicato sul web e distribuito al pubblico presente all’edizione 2013 del Salone del Libro di Torino. Hanno risposto più di 21 mila persone, di cui 1.413 visitatori del Salone.
Contrariamente a quanto affermato dagli editori italiani, ai lettori la carta riciclata piace di più. Il sondaggio pubblicato oggi, pur non avendo una valenza scientifica, deve far riflettere gli editori italiani, afferma Greenpeace. Alcune indicazioni, infatti, unite alla numerosità del campione, forniscono elementi significativi sul profilo di chi legge in Italia. Ad esempio, il 36,8% del campione valuta positivamente la carta riciclata pur non essendo consapevole del legame tra la produzione di carta e la deforestazione in Indonesia. Questo è perfettamente normale considerando che i cittadini italiani sono parte integrante del meccanismo di raccolta e riciclo di carta e cartone che fa dell’Italia uno dei Paesi top delle classifiche di riciclo nel mondo.
Quello che emerge dal nostro sondaggio è che i lettori, che la carta la riciclano, non vogliono che gli editori vanifichino i loro sforzi con scelte sbagliate che privilegiano il marketing a discapito della sostenibilità. La carta riciclata fa bene all’ambiente, riduce il drammatico problema dei rifiuti e, se viene utilizzata per fare un libro, non è diversa dalla carta prodotta con fibre vergini – afferma Esperanza Mora, campagna Foreste di Greenpeace – Siamo tra i principali produttori di carta riciclata al mondo e vanifichiamo tale vantaggio con le emissioni di CO2 causate dall’esportazione, soprattutto in Cina, di un prodotto che in Italia non ha abbastanza mercato. Un vero e proprio paradosso”.


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