Tante le inchieste e tanti i crimi contro l’ambiente accertati: dal Rapporto Ecomafia 2018 di Legambiente, presentato questa mattina a Roma, spiccano infatti le 538 ordinanze di custodia cautelare emesse per reati ambientali nel 2017 (139,5% in più rispetto al 2016).  L’applicazione della legge 68 e l’impennata delle indagini sui traffici illegali di rifiuti sono anche all’origine dell’incremento registrato nel 2017 degli illeciti ambientali. I reati contro l’ambiente sono stati 30.692 (+18,6% per cento rispetto all’anno precedente, per una media di 84 al giorno, più o meno 3,5 ogni ora). Di pari passo è aumentato il numero di persone denunciata (39.211, con una crescita del 36%) e dei sequestri effettuati (11.027, +51,5%).

La corruzione e la criminalità organizzata rimangono i principali nemici dell’ambiente e dei cittadini. L’alto valore economico dei progetti in ballo e l’ampio margine di discrezionalità in capo ai singoli amministratori e pubblici funzionari, che dovrebbero in teoria garantire il rispetto delle regole e la supremazia dell’interesse collettivo su quelli privati, crea l’humus ideale per le pratiche corruttive. Lo dimostra ulteriormente la crescita del fatturato dell’ecomafia che sale a quota 14,1 miliardi, una crescita del 9,4%, dovuta soprattutto alla lievitazione nel ciclo dei rifiuti, nelle filiere agroalimentari e nel racket animale.

Nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso è stato verbalizzato il 44% del totale nazionale di infrazioni. La Campania è la regione in cui si registra il maggior numero di illeciti ambientali (4.382 che rappresentano il 14,6% del totale nazionale), seguita dalla Sicilia (3.178), dalla Puglia (3.119), dalla Calabria (2.809) e dal Lazio (2.684).

“I numeri di questa nuova edizione del rapporto Ecomafia”, dichiara il presidente di Legambiente Stefano Ciafani, “dimostrano i passi da gigante fatti grazie alla nuova normativa che ha introdotto gli ecoreati nel Codice penale, ma servono anche altri interventi, urgenti, per dare risposte concrete ai problemi del paese. La lotta agli eco criminali deve essere una delle priorità inderogabili del governo, del parlamento e di ogni istituzione pubblica, così come delle organizzazioni sociali, economiche e politiche, dove ognuno deve fare la sua parte, responsabilmente”.

Da parte dell’associazione ambientalista arrivano quindi una serie di proposte di cui si auspica l’adozione. Per cominciare, occorre mettere in campo una grande operazione di formazione per tutti gli operatori del settore (magistrati, forze di polizia e Capitanerie di porto, ufficiali di polizia giudiziaria e tecnici delle Arpa, polizie municipali ecc.) sulla legge 68 che deve essere conosciuta nel dettaglio per sfruttarne appieno le potenzialità.

Sempre con riferimento alla legge 68/2015 occorrerebbe rimuovere la clausola di invarianza dei costi per la spesa pubblica prevista nella legge sugli ecoreati, così come in quella che ha istituito il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente. Allo stesso tempo è necessario completare l’iter di definizione dei decreti attuativi del Ministero dell’ambiente e della presidenza del Consiglio dei ministri per rendere pienamente operativa la legge 132 del 2016 che ha riformato il sistema nazionale delle Agenzie per la protezione dell’ambiente.

Altri punti importanti sono la semplificazione dell’iter di abbattimento delle costruzioni abusive e l’approvazione del disegno di legge sui delitti contro fauna e flora protette. Nell’ottica di garantire migliore protezione al nostro patrimonio storico‐culturale, secondo Legambiente, bisognerebbe rivedere il quadro normativo, partendo dal dato di fatto che, se si esclude il delitto di ricettazione – che è quello che si prova a contestare nei casi più eclatanti e che prevede una sanzione massima di otto anni – il rimanente quadro sanzionatorio in mano agli inquirenti è ancora troppo generoso per i trafficanti.

Sul fronte agroalimentare, riprendere la proposta di disegno di legge del 2015 sulla tutela dei prodotti alimentari della Commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli, che introduce una serie di nuovi reati che vanno dal “disastro sanitario” all’”omesso ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato.

L’accesso alla giustizia da parte delle associazioni, come Legambiente, dovrebbe essere gratuita e davvero accessibile. Altrimenti rimane un lusso solo per chi se lo può permettere, e tra costoro non ci sono sicuramente le associazioni e i gruppi di cittadini.

 

Notizia pubblicata il 09/07/2018 ore 17.41


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