Costa Concordia, emergenza ambientale. Greenpeace chiede tutela per area protetta
Bisogna regolare il traffico marittimo nelle aree a rischio ambientale e vietare gli avvicinamenti pericolosi alle coste. Incombe sull’isola del Giglio e su tutta l’area marina circostante un rischio ambientale immenso, una vera e propria bomba ecologica legata al pericolo che il carburante presente nella nave si riversi in mare. Oggi un gruppo di attivisti di Greenpeace ha deciso di protestare a Roma, davanti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con tute bianche sporche di petrolio. Gli attivisti portano cartelli sui quali hanno scritto: “Un altro disastro quanto ci Costa?” e “Rotte a rischio: decreto subito!”.
Sono infatti passate due settimane dalla tragedia della Costa Concordia e, dopo le misure di sicurezza promesse, ora si parla – denuncia l’associazione – di “accordi volontari” con le compagnie, rinviando interventi da tempo necessari per regolamentare il traffico in aree a rischio, come quella del Santuario dei Cetacei. Greenpeace ha consegnato una lettera al ministro Corrado Passera in cui chiede di non perdere altro tempo e di emanare con urgenza disposizioni atte a evitare altri disastri. “Da tempo chiediamo al governo limiti alla navigazione in zone critiche, come il Santuario dei Cetacei, che avrebbero potuto evitare questa tragedia – afferma Gorgia Monti, responsabile della Campagna mare di Greenpeace Italia – L’Italia è già in ritardo di dieci anni e ulteriori rinvii sono inammissibili”.
Esiste infatti una legge (51 del 2001) che permette di regolamentare, con un decreto del Ministro delle Infrastrutture di concerto con il Ministro dell’Ambiente, il traffico marittimo nelle aree a rischio. L’isola del Giglio, e l’intero Santuario dei Cetacei, rientra nelle aree che hanno bisogno di tutela. Il Santuario dei Cetacei è infatti un’area protetta nata con un accordo tra Italia, Francia e Monaco, in vigore dal 2001, ma di fatto mai attuato: non ci sono misure per regolare le attività pericolose come il traffico marittimo di sostanze pericolose e il passaggio di cargo e grandi navi passeggeri. D’estate, denuncia Greenpeace, nel Santuario circolano ogni giorno oltre duecento imbarcazioni tra navi passeggeri, petroliere e cargo. E quello della Costa Concordia non è il primo incidente navale: solo a metà dicembre, a poche decine di miglia più a nord, il traghetto della Grimaldi Lines “Eurocargo Venezia”, aveva perso in mare, durante una tempesta, circa 40 tonnellate di sostanze tossiche.
Servono dunque misure che prevedano la canalizzazione del traffico nelle aree sensibili (Canale di Piombino, Arcipelago Toscano, ingresso porti principali), la limitazione della velocità (e della rumorosità), un’anagrafe degli idrocarburi scaricati nei terminali petroliferi e un preciso controllo del traffico navale di imbarcazioni con carichi pericolosi e grandi navi da crociera.