Consumo di suolo, Ispra: avanza nonostante la crisi. Fai: serve la legge
5 mila ettari di suolo consumato in sei mesi. Come se fossero state costruite 200 mila nuove villette. Oppure 2500 km di autostrada equivalenti a coprire la distanza fra Venezia e Mosca. Quasi 30 ettari di suolo al giorno che vengono persi. La dimensione del consumo di suolo in Italia è stata fotografata dall’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e conferma dimensioni di emergenza nonostante il rallentamento dovuto alla crisi economica. SOS del Fondo Ambiente Italiano (Fai): è urgente la legge sul consumo di suolo, ancora ferma al Senato.
Da novembre 2015 a maggio 2016, dice l’Ispra, “nonostante la crisi economica che ne ha rallentato la velocità, l’Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5 mila ettari di territorio. Pur con una velocità ridotta, che si attesta quest’anno sui 3 m² al secondo, il consumo di suolo continua inesorabilmente ad aumentare cancellando, al 2016, 23 mila km² (pari alla dimensione di Campania, Molise e Liguria messe insieme) il 7,6% del territorio nazionale”.
Anche le previsioni per il futuro non sono buone. Ipotizzando gli scenari di trasformazione del territorio da qui al 2050, secondo l’Ispra nel migliore dei casi – quindi con una riduzione dell’uso del suolo – ci sarà una perdita di ulteriori 1.635 km², che diventeranno 3.270 km² in caso si mantenesse la bassa velocità di consumo dettata dalla crisi economica e saliranno invece a 8.326 km² nel caso in cui la ripresa economica riportasse la velocità al valore di 8 m² al secondo registrato negli ultimi decenni. L’Ispra evidenzia poi che l’11,2% del totale del suolo coperto artificialmente in Italia ricade in zone a pericolosità idraulica, 11,8% in aree classificate a pericolosità da frana, il 23,2% di consumo di suolo si abbatte in fasce costiere entro i 300 metri. I costi del consumo di suolo sono stimati fra 630 e 910 milioni di euro l’anno.
I dati, ripartiti su scala nazionale, regionale e comunale attraverso la collaborazione dell’Ispra con le Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni, evidenziano che dagli anni ‘50 al 2016, il consumo di suolo nazionale è passato dal 2,7% al 7,6%, con una crescita del 184%. Le colate di cemento continuano ad interessare zone a pericolosità sismica (oggi è ricoperto oltre il 7% nelle aree a pericolosità alta e quasi il 5% in quelle a pericolosità molto alta), idraulica (oltre 257.000 ettari, l’11% del totale del suolo artificiale nazionale) e da frana (circa l’11,8% del totale nazionale, con un incremento medio dello 0,2%). Il consumo di suolo colpisce la fascia costiera (con un aumento dell’impermeabilizzato nella fascia sotto i 300 metri, pari allo 0,15% a livello nazionale), le aree protette (32.800 ettari di territorio consumato ed un aumento di ulteriori 48 ettari tra il 2015-2016) e i parchi nazionali (nell’Arcipelago di La Maddalena e nel Parco nazionale del Circeo).
In tutto 15 regioni hanno perso più del 5% di suolo, fra queste Lombardia e Veneto (entrambe con oltre il 12%) e Campania (oltre il 10%), mentre gli incrementi maggiori in valori assoluti sono avvenuti in Lombardia (648 ettari di nuove superfici artificiali), in Sicilia (585 ettari), e in Veneto (563). A livello comunale, l’incremento maggiore di consumo di suolo in valore assoluto si è registrato a Montalto di Castro (in provincia di Viterbo, con 65 ettari di nuovo consumo di suolo tra il 2015 e il 2016), a Eboli (Salerno, 57 ettari), Roma (54 ettari) e Alcamo (Trapani, 52 ettari). Tra i comuni con più di 150.000 abitanti, gli incrementi maggiori sono a Roma, quindi a Torino e Bologna. Non va però meglio nei comuni piccolo o medio piccoli, dove l’aumento è maggiore in termini percentuali.
Di “problema gravissimo e finora inascoltato” parla il Fai – Fondo Ambiente Italiano. “Il consumo di suolo in Italia non demorde, i deboli rallentamenti sono legati alla recessione economica che investe il settore e non a una strategia di tutela di questa risorsa vitale o a una pianificazione attenta e consapevole dei territori, come dimostrato chiaramente dal fatto che il consumo di suolo avanza nelle aree a rischio sismico, idraulico, soggette a frane e nelle aree protette come sulle coste”.
L’associazione chiede con urgenza che sia varata la legge sul consumo di suolo. “Percepiamo negli italiani segnali di maggiore sensibilità e coscienza soprattutto tra i sindaci di nuova generazione, ma è evidente che se non vengono supportati da una legge nazionale, queste fiammelle sono inevitabilmente destinate a spegnersi – dice Andrea Carandini, Presidente FAI – La legge sul consumo di suolo, colpevolmente ferma al Senato da mesi, diviene quindi impellente. Tra i suoi obiettivi, il consumo di suolo zero al 2050 sembra irraggiungibile alla luce delle previsioni affatto rosee di Ispra. Una legge nazionale è necessaria anche per dare un comune e giusto indirizzo alle Regioni che stanno normando autonomamente seguendo visioni diverse, talvolta preoccupanti, anche in contraddizione con le finalità della legge”.