L’Europa è indietro sulle politiche climatiche. Non sta facendo abbastanza su clima ed energia. Ma se si perde l’obiettivo della transizione verso un’economia competitiva e improntata alle energie rinnovabili e al risparmio energetico, si rischia di arrivare a un vero “shock climatico” e di mancare l’obiettivo dell’indipendenza dai combustibili fossili entro il 2050. Mentre si sta svolgendo in Sudafrica, a Durban, il vertice Onu sui cambiamenti climatici – appuntamento importante, perché il primo periodo di impegni previsto dal protocollo di Kyoto è giunto quasi a conclusione, anche si nutrono forti dubbi sulla possibilità di arrivare a un accordo vincolante – l’edizione 2011 del Climate Policy Tracker dell’Unione europea, uno studio di WWF ed Ecofys disponibile online da oggi, mette in evidenza che l’Europa non sta facendo abbastanza. E con essa, l’Italia.
In una scala di valutazione dalla A alla G (dove G è il voto più basso), la media generale delle politiche climatiche europee corrisponde alla lettera E, un dato deludente che coincide esattamente con la media italiana. Il voto viene attribuito valutando ogni settore dell’economia – fornitura di elettricità, industria, edifici, trasporti, agricoltura e silvicoltura – in base ai passi avanti fatti su energie rinnovabili ed efficienza energetica.
Il risultato non è esaltante né per l’Europa né per l’Italia. Quest’ultima “non ha ancora una strategia globale e trasparente sul clima che rifletta una vera e propria ambizione di raggiungere un’economia a basse emissioni di carbonio, situazione aggravata da una generale mancanza di coordinamento e di impulso politico a livello nazionale”, scrive il WWF in una nota. La crisi economica potrebbe a sua volta ritardare o ridurre gli incentivi per andare verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
La “pagella energetica italiana” che emerge dallo studio è grigia: riguardo alla fornitura di elettricità, il provvedimento fondamentale è stato lo stop al piano nucleare, ma tuttora non c’è una nuova strategia trasparente su energia e clima; nel settore dell’industria, non risulta alcuna politica di sviluppo delle energie rinnovabili; per gli edifici, viene citato come unico elemento positivo il Decreto Rinnovabili n.28/2011 che contiene misure come l’obbligo della certificazione energetica, mentre per il settore trasporti si fa riferimento alle proposte di legge per gli incentivi alle auto elettriche. Nessuna azione, invece, è prevista per favorire energie rinnovabili ed efficienza energetica nei settori di agricoltura e silvicoltura.
In realtà, storie di successo esistono in ogni paese: le strategie di policy per un miglioramento dell’azione comune verso il rispetto del clima e l’efficienza energetica esistono, ma non sono implementate in modo diffuso. Sostiene Niklas Höhne, Direttore di Policy Clima ed Energia di Ecofys: “Il progresso più grande in Europa è evidente nelle politiche a sostegno delle energie rinnovabili, mentre le politiche per i settori come i trasporti, l’industria e l’efficienza energetica in generale, sono tutti gravemente in ritardo”. La crescita verde è entrata in molti piani di governo, ma è ancora poco visibile. In questo senso, lo studio evidenzia che “i tagli di bilancio hanno interessato alcune politiche di energia pulita, anche se ci sono state alcune decisioni politiche importanti per abbandonare l’energia nucleare in Germania e in Italia, oltre che compiere passi positivi a lungo termine verso l’indipendenza dai combustibili fossili in Danimarca”.


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