Cina, India e Brasile si oppongono all’eliminazione dal commercio degli alogenuri alchilici tra le cause del buco dell’ozono. Lo denuncia l’Environmental Investigation Agency (EIA) alla vigilia della Conferenza internazionale sul clima in programma a Durban in Sudafrica dal 28 novembre al 9 dicembre.
Gli alogenuri alchilici sono dei composti organici messi al bando a causa della loro capacità di intaccare lo strato di ozono dell’alta atmosfera in seguito al rilascio di radicali cloro. Questa reazione fotolitica è generata dalla radiazione ultravioletta e i radicali prodotti catalizzano la distruzione dell’ozono. Sono derivati dagli idrocarburi alifatici per sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con altrettanti atomi di alogeni (fluoro, cloro, bromo e iodio). Esempi comuni di alogenuri alchilici sono i vari clorofluorocarburi commercializzati con il nome di freon, usati come liquidi di raffreddamento nei circuiti frigoriferi e nel condizionamento dell’aria.
Il protocollo di Montreal prevede l’eliminazione degli alogenuri alchilici HFCs riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale come “ozone-depleting substances” (ODS) ovvero sostanze riduttrici dell’ozono. Nonostante un appello firmato da 108 Paesi con questo Protocollo per mettere al bando questi elementi, Cina, India e Brasile stanno ostacolando le discussioni internazionali con la scusa di volerne parlare di nuovo a Durban. Secondo EIA, sarà tuttavia molto difficile raggiungere un accordo. E’ il terzo anno che si cerca di discutere della loro definitiva eliminazione, ma anche all’incontro dei Paesi aderenti a Montreal, tenutosi questa settimana a Bali, non è stato trovato un accordo.
“La risposta globale al cambiamento climatico non ha semplicemente tempo di portare avanti interessi nazionali particolari”, ha detto Mark Roberts, consulente politico internazionale EIA. “Se non interveniamo in tempo, tutti gli sforzi per contrastare il cambiamento climatico potrebbero essere inutili”.
Usato nel raffreddamento dei frigoriferi e nel condizionamento dell’aria, secondo un recente rapporto EIA potrebbero costituire circa il 20 per cento delle emissioni a effetto serra entro il 2050. Esistono già delle alternative, che potrebbero essere utilizzate a livello mondiale con un investimento iniziale dai 5 ai 11 miliardi di euro.
di Alessio Pisanò


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)