Black Friday & l’ambiente, il consumo insostenibile per il pianeta
Il Black Friday non fa bene all’ambiente: sovra-consumo, aumento dei trasporti, fast fashion e sprechi hanno un forte impatto sulla sostenibilità e sulle risorse del pianeta
Sicuri che l’occasione di consumo offerta dal Black Friday sia proprio quella che fa per noi? La domanda in questo caso è aperta. Ma il punto interrogativo cade se si guarda all’ambiente: il Black Friday è un evento che non fa bene al pianeta, alla sostenibilità e alle risorse naturali. L’evento di consumo che tanto è “cool” e che anticipa i consumi di Natale, quello che molti aspettano fiduciosi di aggiudicarsi sconti esclusivi, è un “venerdì nero” per la sostenibilità. Perché accentua il consumo di risorse, fa aumentare le emissioni di CO2, spinge alla fast fashion (con abiti che vengono indossati pochissimo) e allo spreco, con resi spesso distrutti.
Il WWF punta i riflettori sull’impatto ambientale del consumo e della spinta data da questo evento di shopping.
“Il Black Friday è probabilmente il momento in cui la cultura del sovra-consumismo trova la sua espressione più estrema”, spiega l’associazione, che ricorda come si possa seguire gli sconti senza abusare delle risorse del Pianeta.
«Il consumismo si scontra con i limiti della capacità del nostro pianeta di sostenere la vita. Quest’anno, invitiamo i consumatori a pensare oltre gli sconti e a dare priorità ad un consumo più sostenibile e responsabile – afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia – Gli acquisti eccessivi, specialmente nei settori ad alta intensità di uso di risorse come elettronica e moda, hanno un elevato impatto ambientale. Niente è più importante per gli esseri umani di una biosfera ecologicamente funzionante e che sostenga la vita sulla Terra. È l’unico posto abitabile che conosciamo. Il Black Friday può essere un’opportunità per ripensare le abitudini di consumo e adottare scelte più sostenibili. Evitando di fare acquisti impulsivi o anche solo facendo acquisti in modo consapevole, supportando marchi attenti alla sostenibilità e concentrandosi su acquisti basati su reali necessità, possiamo contribuire a ridurre la nostra impronta ambientale».
Black Friday, un venerdì nero per l’ambiente
L’impatto ambientale negativo del Black Friday si dispiega in molti modi diversi. Più trasporti (quelli che viaggiano con la logistica e le consegne online) significa prima di tutto più inquinamento e un alto costo ambientale attraverso gli acquisti sul web, che fanno la parte del leone.
“Durante la settimana di sconti il trasporto su gomma delle merci verso magazzini e negozi di tutta Europa rilascia nell’atmosfera oltre 1 milione di tonnellate di CO2, il 94% in più di una settimana media – spiega il WWF – Questa stima manca, peraltro, delle emissioni per le consegne degli acquisti online che, come abbiamo detto, in Italia rappresentano la maggior parte degli acquisti. Ammonterebbero a circa 500.000 le tonnellate di CO2eq rilasciate nell’atmosfera in Italia durante la settimana del Black Friday. La CO2 equivalente è una misura utilizzata per confrontare l’impatto ambientale di diversi gas serra, traducendoli in un’unica unità di misura basata sul loro potenziale di riscaldamento globale (GWP, Global Warming Potential). In pratica, indica quanta CO2 avrebbe lo stesso effetto sul riscaldamento globale di una determinata quantità di un altro gas serra”.
Il sovra-consumo di elettronica
C’è il tema del “sovra-consumo” di prodotti elettronici che in minima parte vengono recuperati. Quasi 3 miliardi di persone al mondo, stima il WWF, possiedono uno smartphone. Dentro ogni dispositivo c’è una piccola miniera di risorse rare e preziose, un mix di metalli (da quelli comuni, come rame e zinco, a metalli preziosi come oro e platino, fino a metalli esotici come terre rare e germanio) che spesso si trova in minime quantità nei minerali dai quali vengono estratti. I processi di estrazione comportano uso di sostanze inquinanti, spesso devastazioni ambientali, e spreco quando i dispositivi elettronici finiscono nella spazzatura.
“In Italia si producono circa 1,1 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici all’anno, 19 kg a testa, di cui sono correttamente raccolti solo 6 kg, lasciando senza traccia tonnellate di risorse naturali potenzialmente recuperabili e aumentando i rischi di inquinamento per le comunità di tutto il mondo – spiega il WWF – Da questi rifiuti, infatti, possono essere recuperate circa 70 diverse Materie Prime Seconde (come rame, ferro, alluminio, ma anche indio, silicio, tantalio e terre rare) da reintrodurre in nuovi cicli produttivi senza generare impatti negativi sulle risorse vergini del Pianeta”.
La fash fashion, moda insostenibile
Il Black Friday è ennesima occasione per fare il cambio dell’armadio. Ma spesso porta a comprare fast fashion, capi scontatissimi, vestiti che rasentano l’usa e getta.
Negli ultimi 15 anni, spiega ancora il WWF, “si è ridotto del 36% il tempo di utilizzo dei vestiti, che sono diventati spesso articoli usa e getta, con gravi problemi di uso insostenibile di materie prime e produzione di rifiuti. In Italia, per abbigliamento, calzature e tessuti, vengono immessi sul mercato 23 kg di prodotti l’anno per abitante. In questo siamo primi in Europa, a fronte però di una raccolta di rifiuti di soli 2,7 kg pro-capite, che corrispondono a circa 160mila tonnellate di rifiuti tessili prodotti in Italia”.
A livello mondiale meno dell’1% dei rifiuti tessili viene riciclato per farne nuovi abiti. I rifiuti tessili spesso vengono esportati e finiscono in discariche in Asia, Africa e Sud America. L’industria tessile è una delle più inquinanti per l’ambiente. Consuma acqua: per produrre una t-shirt di cotone, ricorda il WWF, servono circa 2.700 litri d’acqua, l’equivalente della quantità d’acqua che una persona beve in circa due anni e mezzo.
Ogni anno nella Ue vengono buttati via circa 5,8 milioni di tonnellate di prodotti tessili, pari a 11,3 kg a persona. E fino al 35% dell’insieme delle microplastiche rilasciate nell’ambiente deriva dai prodotti tessili.
Ci sono poi resi e sprechi: sono meno del 10% dei prodotti venduti nei negozi ma nello shopping online aumentano fino a quattro volte. Ad aggravare il peso ambientale, ricorda il WWF, il fatto che oltre il 25% dei resi viene buttato via dai rivenditori.