La perdita di biodiversità del pianeta avanza a velocità elevata e si stima che tra 40 anni la terra sarà popolata da circa 9 miliardi di persone e il 60% degli ecosistemi mondiali sarà degradato. Già oggi nelle acque del Mediterraneo, l’anguilla, lo storione, il salmone selvaggio e il merluzzo potrebbero avere i giorni contati. Ma non sono delle eccezioni: l’88% degli stock ittici mondiali risulta sfruttato al massimo o sovra sfruttato.
Tutto questo provoca un danno dalle pesanti ripercussioni socio economiche, come spiega il dossier Biodiversità a rischio, presentato questa mattina da Legambiente a Terra Futura, la mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità in corso a Firenze. Il rapporto analizza nel dettaglio numeri, previsioni, fattori di perdita e politiche di tutela, a tracciare un quadro aggiornato della situazione della biodiversità in Italia e nel mondo, troppo spesso dimenticata.
“Il vertice Onu di Nagoya, nel 2010, ha identificato come obiettivo prioritario quello di proteggere entro il 2020, il 17% delle aree terrestri e delle acque interne e il 10% delle aree marine e costiere – ha commentato il responsabile Aree protette di Legambiente, Antonio Nicoletti – Un obiettivo che nel nostro Paese acquista una valenza particolare se si considera che molte Regioni stanno modificando la legislazione sulle aree protette, ed è attualmente in corso la revisione della legge quadro. Una legge grazie alla quale il territorio protetto in Italia è passato dal 3 al 10%, ma che ha bisogno oggi di essere aggiornata per consentire ai parchi un ulteriore salto di qualità nelle loro politiche di gestione e un maggiore impegno nella tutela della biodiversità”.
L’Italia, per la sua posizione geografica e particolare conformazione, presenta un’enorme varietà di ambienti naturali: ospita 130 degli habitat individuati dalla Direttiva europea Habitat 92/43. La fauna italiana rappresenta più di un terzo dell’intera fauna europea con 57.468 specie e sono state censite 6.711 piante vascolari. Abbiamo, inoltre una delle più ricche flore europee di muschi e licheni (composta da 851 specie di muschi e 279 specie di licheni). Questo patrimonio è, però, gravemente minacciato: oggi la metà dei vertebrati presenti sul territorio italiano è a rischio di estinzione, insieme a un quarto degli uccelli e oltre il 40% dei pesci di fiumi e laghi. La situazione più critica è quella degli anfibi, dove la percentuale di specie endemiche minacciate supera il 66%.
Per quanto riguarda la flora, sono in pericolo 1020 specie vegetali superiori – circa il 15% del totale – e, tra le piante inferiori, il 40% delle alghe, licheni, muschi, felci.
Anche l’Europa ha mancato l’obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010: il 15% dei 231 mammiferi studiati sono minacciati d’estinzione, in prevalenza quelli marini. Più di un quarto (27%) dei mammiferi europei sono in declino. Le più grandi minacce per i mammiferi terrestri sono la perdita e il degrado degli habitat, anche se concorrono l’inquinamento, la mortalità accidentale, lo sfruttamento eccessivo e le specie invasive.
Un’altra categoria particolarmente a rischio è quella degli anfibi: circa un quarto della loro popolazione è minacciata dall’estinzione e più della metà (59%) è in declino. Il 36% è stabile e solo il 2% in aumento. In pericolo sono anche un quinto dei rettili, il 9% delle farfalle, il 15% delle libellule e l’11% dei coleotteri. Tra i molluschi, il 20% (246 specie) di quelli terrestri e il 44% (373 specie) di quelli d’acqua dolce sono a rischio, mentre tra i pesci d’acqua dolce le percentuali arrivano al 37%. Per quanto riguarda le piante infine, su 1.826 specie valutate 467 sono state identificate come a rischio di estinzione.
Uno degli strumenti più efficaci per combattere la perdita di biodiversità è l’istituzione di territori e di aree marine protette. Ecco perché la comunità mondiale deve compiere sforzi maggiori come quello di far crescere entro il 2020 la percentuale di aree protette a livello mondiale (il 17% delle aree terrestri e il 10% di quelle marine) come stabilito dal protocollo di Nagoya.
 
 


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)