Legambiente e la delegazione italiana di Transport & Environment  hanno depositato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato una segnalazione per “pratica commerciale ingannevole” in relazione alla campagna pubblicitaria del biodiesel ENI diesel+ “-4% di consumi e -40% di emissioni gassose”. Una campagna pubblicitaria in cui si rivolge al consumatore medio un evidente messaggio di convenienza economica nell’uso di “Eni Diesel +” e persino di un positivo impatto ambientale in termini di riduzione dell’inquinamento, quantificato con una percentuale del – 40%. Secondo le associazione firmatarie la pubblicità dell’ENI che è stata rimandata da  stampa, televisioni e affissioni stradali per tutto l’inverno non è supportata da prove o pubblicazioni tecniche e scientifiche sufficienti.                                                                                                      

Le associazioni ricorrenti sottolineano nella segnalazione all’Autorità che l’affermazione “-40% di emissione gassose” “non risulta dimostrata e dimostrabile” per tale entità, neppure per alcuni tipi di inquinanti sanitariamente rilevanti (polveri sottili, ossidi d’azoto…) e neanche per la maggioranza dei veicoli in circolazione (irrilevante ad esempio per automobili euro5 ed euro6). Non basta: neanche l’aggiunta di olio di palma (nella misura del 15% circa, proprio nel ENI diesel+) migliora le emissioni rispetto a quello solo fossile, prendendo in considerazioni l’intero ciclo di vita del prodotto.

La stessa Commissione Europea con la recente bozza di testo proposta ai primi di febbraio riconosce che le coltivazioni di palma da olio causano una significativa deforestazione e per questo fissa l’eliminazione progressiva dell’olio di palma dai biocarburanti a partire dal 2021, anche se prevede al tempo stesso delle eccezioni. “Scappatoie” criticate da Legambiente e da diverse associazioni europee, impegnate nella campagna NotInmytank, e che invitano tutti a firmare entro l’8 marzo la consultazione pubblica on line (https://www.legambiente.it/savepongo/) per chiedere la modifica del testo. 

Tornando alla segnalazione appena depositata, le associazioni ricordano che “nella comunicazione pubblica, il termine “bio” e “rinnovabile” ha normalmente una percezione positiva, di qualità ambientale, tanto che il prezzo consigliato da ENI (si dichiara sul sito ufficiale) è superiore al gasolio normale, del 10% in più. Quanti consumatori lo userebbero se conoscessero la verità?”

Dopo aver studiato la documentazione rintracciabile sul sito di ENI e prima di decidere di segnalare all’Autorità per pubblicità ingannevole la campagna condotta da ENI nel corso degli ultimi inverni, Legambiente ha voluto chiedere pubblicamente (con un articolo su La Nuova Ecologia on line) all’ufficio stampa e comunicazione esterne di ENI spiegazioni e documentazione tecnica relative alle prove effettuate che possano dimostrare l’eccezionale abbattimento dell’inquinamento promesso dalla pubblicità.

Dalle risposte pervenute emerge che le prove citate hanno riguardato ben pochi modelli di veicoli (sicuramente 3) e solo per un modello di vecchio autobus, solamente per una componente inquinante – polinucleari aromatici adsorbiti – si è riscontrata una riduzione di emissioni paragonabile al 40% dichiarato. Tra l’altro senza definire le condizioni di prova (ad esempio la percentuale e composizione del biocarburante). 

Cosa succederà ora? “Speriamo in uno stop definitivo all’uso di biocarburanti che di sostenibile hanno ben poco”, afferma Stefano Ciafani, presidente Legambiente, “e che i governi e le industrie si orientino al più presto verso una mobilità sempre più efficiente, sostenibile, elettrica, pubblica e condivisa. Speriamo che i biocarburanti veri come gli olii vegetali usati, l’etanolo da scarti lignocellulosici e il biometano da rifiuti, sostituiscano i carburanti fossili nelle poche categorie di mezzi a motore in cui l’elettrico non sarà competitivo come nei trasporti a lunga distanza. Proprio per questa ragione abbiamo chiesto all’Europa di dire basta all’olio di palma per la produzione dei carburanti e contemporaneamente chiediamo all’ENI di smettere di usarlo prima di esserne obbligata”.

Il green diesel di Eni di verde ha solo il nome, che utilizza impropriamente“,  ribadisce Veronica Aneris, responsabile per l’Italia di T&E, la Federazione Europea per il Trasporto e l’Ambiente. Al contrario, provenendo principalmente da olio di palma e derivati (PFAD), l’ENI Diesel + comporta un aumento, non una diminuzione delle emissioni climalteranti, è causa di deforestazione e di perdita gravissima di biodiversità. Tanto meno contribuisce alla diminuzione delle emissioni inquinanti nei centri urbani. Queste pratiche di greenwashing sono inaccettabili e devono volgere al termine: i consumatori devono essere correttamente informati e messi nella condizione di poter fare la loro parte attraverso scelte responsabili. Soprattutto se gli viene chiesto di spendere il 10% in più nel nome dell’ambiente.”


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