Si apre oggi e proseguirà fino al 27 novembre la “prima settimana della cucina italiana nel mondo”. Un’iniziativa congiunta del Ministero degli Esteri e delle Politiche Agricole che coinvolgerà la rete estera della Farnesina con attività di promozione del Sistema Italia. Sono 105 i Paesi coinvolti e oltre 1.300 gli eventi previsti tra concorsi, conferenze, degustazioni, cene a tema e mostre legate alla cucina e seminari tecnico-scientifici. Per Coldiretti si tratta di un’utile iniziativa per valorizzare l’identità italiana a tavola. Si stima che nel mondo in due piatti su tre ci siano ingredienti Made in Italy taroccati, così come è frequente la rivisitazione di ricette tradizionali che nulla hanno a che fare con quelle originali: l’abitudine belga di usare la panna al posto del pecorino nella carbonara, quella tedesca di impiegare l’olio di semi nella cotoletta alla milanese, quella olandese di non usare il mascarpone nel tiramisù, fino agli inglesi che vanno pazzi per gli spaghetti alla bolognese che sono del tutto sconosciuti nella città emiliana, solo per fare alcuni esempi.

L’agropirateria internazionale infatti utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette”, dicono da Coldiretti. Secondo alcune stime, il mercato mondiale delle imitazioni di cibo Made in Italy vale oltre 60 miliardi di euro. “Il rischio reale”, continua la Coldiretti, “è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili”.

I falsi, più o meno d’autore, preferiti all’estero riguardano in effetti alcuni dei prodotti simbolo della tradizione culinaria del Bel Paese. Tra i più taroccati ci sono i formaggi, rileva la Coldiretti, con in testa il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano che negli Stati Uniti, ad esempio, in quasi nove casi su dieci sono sostituiti dal Parmesan prodotto in Wisconsin o in California. Ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele ma anche gli extravergine di oliva e le conserve come il pomodoro san Marzano che viene prodotto in California.

Se gli USA sono i “leader” della falsificazione, le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo e nei Paesi emergenti come la Russia dove sotto la spinta dell’embargo si è iniziato a produrre grandi quantità di burrata, mozzarella e naturalmente Parmesan.

A rendere possibile questo grande mercato di produzione di falsi cibi Made in Italy contribuisce anche la mancanza di chiarezza sulle ricette originali. Secondo Coldiretti, “le esportazioni di prodotti agroalimentari tricolori potrebbero triplicare se venisse uno stop alla contraffazione alimentare internazionale che è causa di danni economici, ma anche di immagine”. L’Italia, conclude la Coldiretti, “è l’unico Paese al mondo con 4.965 prodotti alimentari tradizionali censiti dalle regioni ottenuti secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, 285 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg ma ha conquistato anche il primato con quasi 50mila aziende agricole biologiche in Europa”.


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