Qualche giorno fa il Corpo Forestale dello Stato ha scoperto e sequestrato un campo illegale di mais geneticamente modificato Mon810 alle porte di Rovigo. La notizia, che si aggiunge ai passati casi del Friuli Venezia Giulia e dell’agricoltore Fidenato riaccende i riflettori sulla questione del mais transgenico (Mon810). “Quello che è accaduto in Venetodichiara Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente – è veramente assurdo, dato che l’Italia ha richiesto e ottenuto che fosse bandita sul proprio territorio la coltivazione del Mon810.
Il Presidente di Legambiente ricorda che la coesistenza tra produzioni transgeniche e convenzionali è rischiosa perché non si può escludere il rischio di inquinamento genetico e, quindi, il danno economico per i produttori non Ogm e la perdita di biodiversità. Casi di contaminazione sono stati rintracciati anche nell’ultima indagine del Corpo Forestale dello Stato, in Friuli Venezia Giulia, dove è stato coltivato mais Ogm in barba ai divieti della legislazione. “Una coltivazione Ogm che fa male all’ambiente, all’agricoltura, alla legalità e alla salute dei cittadini e che rappresenta uno schiaffo al territorio Polesine dalla vocazione agricola che, negli ultimi anni, ha fatto sforzi ingenti per la conversione del proprio modello agricolo da intensivo a produzioni di alta qualità. Oggi, più che mai, l’agricoltura di qualità e sostenibile può essere il più importante alleato per le attuali sfide ambientali e per lo sviluppo dell’economia verde, che l’Italia non può e non deve perdere”.
Per l’associazione ambientalista è ora urgente e fondamentale che si facciano tutti i possibili accertamenti e controlli, per verificare che si tratti di un caso isolato e non il “nodo” di una rete di illegalità tra agricoltori e distributori di sementi. Il ruolo del Corpo Forestale dello Stato, con le sue enormi competenze, è indispensabile al contrasto dell’illegalità ambientale. Per questo Legambiente torna a ribadire che vengano forniti mezzi e risorse per svolgere al meglio il proprio compito.
“Il caso dell’imprenditore di Frassinelle Polesine che ha piantato mais geneticamente modificato in un campo di sei ettari nel comune di Guarda Veneta – aggiunge Giorgia Businaro, Direttore Regionale di Legambiente Veneto – è un esempio di quella mentalità italiana che porta a dire: io ci provo, in barba alle leggi, senza considerare le conseguenze che si avranno sulla biodiversità e sulla qualità delle produzioni locali, ci provo per avere guadagni facili con investimenti limitati. Alla Regione Veneto chiediamo di convocare il prima possibile un tavolo di lavoro con le forze dell’ordine e le associazioni interessate per affrontare subito la questione, evitando il ripetersi di quanto già accaduto in Friuli Venezia Giulia”.
Gaetano Pascale, presidente di Slow Food Italia, ricorda che la vicenda accade “in un momento in cui gli Stati Membri riuniti nel comitato permanente dell’Unione europea per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (PAFF) stanno discutendo se autorizzare la coltivazione del mais geneticamente modificato 1507 e Bt11, e se rinnovare l’autorizzazione del mais GM Mon810″.


Vuoi ricevere altri aggiornamenti su questi temi?
Iscriviti alla newsletter!



Dopo aver inviato il modulo, controlla la tua casella per confermare l'iscrizione
Privacy Policy

Parliamone ;-)