Cosa c’è dentro la farina? Siamo sicuro che si tratta di un prodotto semplice. A porsi queste domande Altroconsumo spiegando che le cose sono più complicate di quel che sembrano e che non sempre le diverse qualità e i diversi usi delle farine vengono evidenziate nelle confezioni. Per esempio, la “forza” della farina, cioè la capacità dell’impasto a resistere all’aria che si forma durante la lievitazione, può essere molto diversa tra una marca e l’altra, modificando non poco il risultato delle ricette. La forza è un indice globale di comportamento della farina che viene indicato con la lettera W: più un prodotto richiede lievitazioni lunghe più serve una farina con un W elevato, in modo da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione.
Il glutine è in grado di assorbire acqua, quindi più è forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si passa da un’idratazione inferiore al 50% per le farine da biscotti sino a valori superiori al 70% per farine forti. Secondo la classificazione Italmopa, l’Associazione industriali mugnai d’Italia,  farine con W tra 115 e 160 sono dette “biscottiere”, hanno un basso contenuto proteico e sono consigliate per preparare biscotti secchi o gallette. Frumento con W compreso tra 160 e 220 è chiamato “panificabile”, ha una forza media ed è usato per pane, pizze, focacce e per impasti con lievitazioni brevi. Tra 220 e 300, viene definito “frumento panificabile superiore”, mentre oltre questo valore, cioè con W 300 e oltre, si tratta di farine “di forza” che vengono usate per prodotti a lunga lievitazione come panettoni, brioches e croissant. La farina Manitoba, che deve il suo nome al frumento originario di quella regione del Canada ma ormai coltivato anche in Europa, è una farina con W superiore a 300.
Non sempre un determinato tipo di grano o anche una miscela di grani diversi possono garantire una farina che abbia delle caratteristiche precise: è in quel caso che entrano in gioco gli additivi o altri ingredienti aggiunti chiamati anche “miglioratori”. La legge italiana concede l’uso di determinati additivi per dare alla farina una migliore consistenza e per migliorarne la resa durante la lievitazione (soprattutto se la farina non è di qualità eccellente: se presenti devono sempre essere indicati nelle etichette delle confezioni di farina, mentre possono essere omessi nella lista degli ingredienti del pane, in cui comparirà solo l’indicazione “farina”. Non sono dannosi per la salute (in merito si può consultare la banca dati dell’Associazione), ma se gli ingredienti sono di qualità, i miglioranti sono inutili, perciò a parere di Altroconsumo non dovrebbero essere utilizzati (come ci tiene a dichiarare la nuova farina Garofalo).
Gli additivi che per legge possono essere aggiunti alle farine sono l’acido ascorbico (E300), la L-cisteina (E920) e l’acido fosforico e i suoi fosfati (E338 – E452). Questi additivi aumentano la forza della farina (vitamina C) o la diminuiscono (cisteina), mentre l’acido fosforico è usato come agente lievitante). La funzione miglioratrice può essere data anche da altri ingredienti, come il malto o farina maltata e glutine: il primo velocizza la lievitazione, il secondo aumenta la forza. Sia gli additivi sia i miglioratori, se presenti – ricorda Altroconsumo – devono essere indicati in etichetta.


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1 thought on “Le farine sono tutte uguali? Non proprio. Lo spiega Altroconsumo

  1. Difficile in poco spazio correggere tante …..inesattezze. Limitandomi a l'”aria” che si forma durante la lievitazione dell’impasto altro non è che anidride carbonica (gas naturale, conosciuto da tutti, che si forma per azione del lievito di birra sui carboidrati che sono i componenti dell”amido). Per quanto riguarda i miglioratori e gli additivi per “fortificare” le farine “deboli” occorre ben altro per cavarsela con poche righe. Se informazione del consumatore ha da essere …ebbene che sia istruendolo almeno un pochino. Non è difficile però è necessario che l’istruttore sia…. istruito

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