Agribusiness: dal prosciutto ai vini è tutto ‘un falso’
Contraffazione e agropirateria: una vera e propria aggressione al sistema agricolo e a tutto l’agribusiness (che vale oltre il 15% del Pil del Paese e garantisce più del 10% dell’occupazione nazionale), con danni economici e di immagine incalcolabili. Nel 2011 il valore dell’export dell’agroalimentare ha superato i 30 miliardi di euro, ponendosi ai primi posti (con l’8%) nel totale delle esportazioni del nostro Paese.La questione è stata affrontata ieri nella sessione plenaria del Consiglio nazionale Anticontraffazioni, al ministero dello Sviluppo Economico, a cui ha preso parte il vicepresidente di Confagricoltura, Salvatore Giardina.
“Si tratta di un problema complesso e di difficile soluzione – ha detto Giardina – perché non esiste ancora una legislazione in campo internazionale che ci consenta un’adeguata protezione. In qualche caso esistono accordi bilaterali per la tutela delle denominazioni che consentono di fronteggiare il fenomeno, ma i costi dei controlli sono molto elevati. Là dove, invece, non ci sono regole l’agropirateria non può neppure essere perseguita.”
Il vicepresidente di Confagricoltura ha sottoposto al Consiglio quattro proposte di intervento. Per contenere i costi dei Consorzi sarebbe utile creare un’Agenzia europea per la lotta all’agro pirateria, che si occupi di effettuare i controlli e di perseguire legalmente i colpevoli, anche su segnalazione degli Stati membri, dei Consorzi di tutela e dei consumatori.
Una strada per vincere le usurpazioni potrebbe essere quella dell’indicazione di origine in etichetta. Per questo in ambito WTO bisogna intervenire a fianco degli USA, sia come Italia, sia come Ue, nel ricorso contro la decisione del Panel che si è espresso contro l’indicazione obbligatoria delle carni bovine e suine, ritenendola discriminatoria. Di pari passo si dovrebbero rilanciare, sempre in sede Wto due temi importanti: la tutela del sistema comunitario delle indicazioni geografiche (assente dal negoziato che sinora ha privilegiato gli aspetti relativi alla riduzione delle tariffe doganali e dei sostegni) e quello degli standard tecnici ed in campo ambientale e sociale.
Per quanto riguarda l’italian sounding, per Confagricoltura, vanno create regole nuove. “Prima di arrivare ad un inquadramento internazionale della materia – ha detto Giardina – almeno all’interno della UE la recente pubblicazione del regolamento UE 1169/11 sull’etichettatura dovrebbe aiutarci a combattere questo fenomeno”.
Secondo la Cia-Confederazione italiana agricoltori “la contraffazione è un fenomeno in cui si evidenzia la drammaticità del rapporto legalità-economia, laddove all’illegalità corrisponde un evidente danno economico per le imprese. Diretto, per la sottrazione delle quote di mercato, altrimenti occupabili dal prodotto autentico e indiretto per quanto arrecato alla fiducia del consumatore nel prodotto di qualità italiano e nella sua credibilità”.
Il business della contraffazione miete ogni giorno nuove vittime: dai prosciutti all’olio di oliva, dai formaggi ai vini, dai salumi agli ortofrutticoli è un continuo di “falsi” e di “tarocchi” che rischiano di provocare danni rilevanti non solo alle nostre Dop e Igp, che rappresentano la punta di diamante del “made in Italy” nel mondo, ma all’intero sistema agroalimentare.
La Cia, quindi, sollecita alcune misure e politiche per frenare il fenomeno della contraffazione: concentrare l’azione congiunta di sistema, rafforzando la promozione e il sostegno alle Pmi; iniziative congiunte per superare la frammentazione della promozione da parte degli enti locali; sostegno pubblico alla registrazione e alla tutela di marchi commerciali collettivi a favore delle Pmi agroalimentari; accordi bilaterali e multilaterali; una maggiore tutela da parte dell’Ue delle indicazioni d’origine come condizione per la liberalizzazione commerciale; monitoraggio sull’applicazione di nuovi accordi di liberalizzazione commerciale agricola dell’Ue (come quello con il Marocco) per il rischio della triangolazione doganale.