Benessere dei polli, i grandi fast food non fanno abbastanza. Italia indietro

Benessere dei polli, i grandi fast food non fanno abbastanza. Italia indietro (Foto di svklimkin da Pixabay)

Le catene di fast food fanno ancora troppo poco per la tutela reale del benessere dei polli allevati a scopo alimentare: è quello che emerge dal rapporto The Pecking Order 2023, realizzato in Italia in collaborazione con Essere Animali. Ogni anno l’indagine valuta come le grandi catene di ristoranti e fast food affrontano il benessere dei polli allevati nelle loro filiere rispetto alla richiesta dello European Chicken Commitment (ECC), una serie di criteri riconosciuti a livello internazionale tramite i quali garantire standard più elevati ai polli negli allevamenti.

Nell’edizione 2023 di The Pecking Order sono state valutate un totale di 69 aziende dislocate in Francia, Germania, Italia, Polonia, Romania e Spagna. Oltre ad alcuni marchi nazionali, sono stati valutati anche diversi ristoranti e fast food internazionali, come Burger King, Domino’s, IKEA, KFC, McDonald’s, Pizza Hut, Starbucks e Subway.

Fast food e benessere dei polli, i risultati in Italia

Delle sette aziende analizzate per l’Italia, solo due (IKEA e Subway) hanno pubblicato un impegno a eliminare tutte le problematiche principali di benessere dei polli. Le altre cinque (Autogrill, Burger King, KFC, McDonald’s e Starbucks) non hanno invece assunto nessun impegno pubblico, neanche sui criteri più importanti come la riduzione delle densità e la transizione a razze a più lento accrescimento.

Tutte e sette, inoltre, non hanno comunicazioni a proposito o hanno realizzato progressi così limitati da risultare insignificanti. Il risultato è che le aziende italiane si collocano nei livelli più bassi della classifica europea con punteggi scarsi o molto scarsi. Nessuna delle aziende analizzate in Italia, inoltre, migliora nella valutazione rispetto all’edizione del 2022 e ben tre registrano punteggi più bassi rispetto all’anno passato.

Tra queste – spiega Essere Animali – anche KFC Italia, che si è impegnato a rispettare l’ECC in Francia e Germania, mentre questo tipo di impegno manca completamente nelle politiche di sostenibilità per il nostro Paese e, tra il report 2022 e quello 2023, mostra un forte passo indietro su alcuni parametri importanti: ad esempio, la percentuale di polli storditi in maniera efficace in sistemi a gas diminuisce dal 58% al 25% e scende a 0 la percentuale di polli allevati con densità inferiori a 30 kg/m2, come invece previsto dall’ECC.

«Anche l’opinione scientifica dell’EFSA, pubblicata qualche mese fa, ha indicato gli stessi criteri dell’ECC come fattori indispensabili su cui lavorare quando si parla di benessere dei polli da carne. Per questo è ormai imprescindibile che le grandi aziende come KFC inizino ad assumere una posizione di leadership, pubblicando impegni di sostenibilità omogenei in tutti i Paesi europei in cui operano, per offrire anche ai clienti italiani la stessa qualità di quelli francesi o tedeschi», ha commentato Elisa Bianco, responsabile di Corporate Engagement a Essere Animali.

I risultati a livello europeo

Sul piano europeo, per quanto riguarda gli impegni pubblici presi dalle aziende, si registrano alcuni progressi rispetto al 2022, con Vapiano, Buffalo Grill France e Quick France che hanno sottoscritto i criteri dell’ECC. Tuttavia, solo il 49% delle aziende valutate ha pubblicato una politica sul benessere dei polli allevati per la produzione di carne in linea con alcuni o tutti questi criteri. Ciò significa che il 51% delle aziende non ha alcun impegno in materia di benessere dei polli.

Un dato che emerge in maniera netta da questa edizione di The Pecking Order è che le aziende operanti in Germania e Francia prendono molto più in considerazione il benessere dei polli di quanto fatto negli altri Paesi analizzati, Italia compresa, che si conferma invece il fanalino di coda con Polonia e Romania.

Il punteggio medio complessivo registrato dalle aziende in Germania e Francia è, rispettivamente, 37% e 36%, seguono la Spagna con il 23%, l’Italia con il 19%, la Polonia con il 18% e la Romania con il 17%. Anche la percentuale di aziende che hanno pubblicato un impegno a rispettare i criteri dell’ECC varia significativamente: 73% in Francia, 67% in Germania, 37% in Spagna e solo 29% in Italia. Come sta accadendo nella grande distribuzione, quindi, anche nel settore della ristorazione l’Italia resta indietro rispetto agli altri Paesi europei nell’affrontare le criticità di allevamento dei polli.


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