giovani immigrati

Sono oltre 1,9 milioni i residenti italiani che hanno un background migratorio (1 ogni 30 abitanti in Italia). 1,3 milioni sono i minorenni di origine straniera: il 13% di tutti i minori residenti nel Paese). I dati Istat, riportati nella ricerca “Orizzonti condivisi. L’Italia dei giovani immigrati e con background migratorio”, presentata ieri a Roma e realizzata da Centro Studi e ricerche IDOS, testimonia la precarietà giuridica e identitaria di tanti giovani e sottolinea l’urgenza di una riforma normativa.

Più di un milione di ragazzi e ragazze non ha ancora la cittadinanza italiana, pur essendo nati in Italia o essendovi arrivati in tenerissima età. Nelle scuole della Penisola, due alunni stranieri su tre vi sono nati, ma restano esclusi dai pieni diritti di cittadinanza.

Una legge anacronistica e un paradosso storico

L’attuale legge (n. 91 del 1992) impone un percorso lungo e tortuoso per ottenere la cittadinanza, penalizzando soprattutto i giovani, che possono acquisirla o per naturalizzazione (10 anni di residenza ininterrotta cui se ne aggiungono mediamente altri 3-4 per le pratiche burocratiche), o per elezione ai 18 anni d’età.

Ne deriva che il numero di acquisizioni di cittadinanza da parte di minori è sorprendentemente basso: nel quinquennio 2019-2023 i minorenni stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana sono stati in totale solo 295.000, per una media di appena 59.000 all’anno, a fronte di oltre 1 milione di loro che risiedono in Italia.

Identità plurali, un valore per il Paese

Eppure, oltre l’80% dei giovani di origine straniera si sente “anche italiano”, un dato che sale all’85% tra quelli nati in Italia. Proprio perché il senso di appartenenza di questi giovani è forte, dato che parlano italiano, vivono la cultura del Belpaese e condividono sogni e aspirazioni con i loro coetanei italiani “di ceppo”, il mancato riconoscimento giuridico della loro identità può alimentare frustrazione e conflitti identitari anche pesanti.

Molti di loro si trovano a dover scegliere tra l’appartenenza alla cultura d’origine della famiglia e a quella italiana, innescando tensioni con la società ospitante o con i propri genitori.

Inoltre, la difficoltà di ottenere la cittadinanza può influenzare le loro prospettive future: solo il 45% di questi giovani prevede di vivere in Italia da adulti, mentre il 34% preferirebbe trasferirsi all’estero. È un dato che dovrebbe far riflettere: un Paese che disconosce il contributo, l’attaccamento e il valore delle nuove generazioni rischia di compromettere le proprie speranze di ripresa e di sviluppo.

Verso un’Italia più inclusiva dei giovani immigrati

L’Italia “è a un bivio cruciale: il referendum dell’8-9 giugno che propone di ridurre da 10 a 5 anni il tempo di residenza continuativa necessario a ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione, rappresenta il primo passo verso un’inclusione più equa e strutturale, ma non è sufficiente. La vera sfida è garantire ai figli degli immigrati nati e/o cresciuti in Italia un riconoscimento giuridico e identitario”, sostiene IDOS.

“È il momento di superare un impianto normativo obsoleto e di gettare le basi per una società italiana più aperta e ancorata al tessuto multiculturale del Paese” – afferma Antonio Ricci, vicepresidente di Idos e curatore della ricerca.

“Consentire il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza ai giovani con background migratorio, nati o arrivati presto in Italia e qui cresciuti, significa investire in capitale umano, rafforzare il senso di appartenenza e promuovere la coesione sociale”, prosegue Luca Di Sciullo, presidente di IDOS.

“È nell’interesse di tutta la comunità nazionale e dell’intero sistema Paese, e quindi dovere della politica, rimuovere gli ostacoli alla partecipazione piena e attiva di tutte le componenti della società”.


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