Numeri negativi per le vendite al dettaglio, che calano sia su base mensile che su base annuale, con l’eccezione del commercio elettronico. A gennaio 2018, evidenzia oggi l’Istat, le vendite al dettaglio diminuiscono dello 0,5% in valore rispetto a dicembre 2017 e dello 0,7% in volume. Rispetto a gennaio dello scorso anno, le vendite subiscono una flessione dello 0,8% in valore e dell’1,9% in volume. Su base mensile, le vendite di beni alimentari rimangono ferme mentre quelle dei beni non alimentari calano dello 0,9% in valore e dell’1,0% in volume.

I dati Istat sottolineano poi che, nel confronto annuale, il valore delle vendite al dettaglio diminuisce dell’1,2% sia per la grande distribuzione sia per le imprese operanti su piccole superfici, mentre il commercio elettronico registra un aumento del 2,4%. Nella grande distribuzione le vendite sono in flessione sia per i prodotti alimentari  (-1,0%) sia per quelli non alimentari (-1,8%). Per le imprese operanti su piccole superfici si registra un aumento dello 0,5% per i prodotti alimentarie un calo dell’1,7% per quelli non alimentari. Fra gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, il valore delle vendite diminuisce per Ipermercati (-3,5%) e Supermercati (-1,1%), mentre i Discount registrano un incremento del 3,6%.

Le vendite dunque salgono solo per discount ed e-commerce. L’Istat ha ampliato il campo di osservazione che ora comprende anche le imprese che svolgono in via prevalente commercio elettronico. L’Istituto precisa che “gli indici sul commercio elettronico, il cui peso sull’indice generale è pari all’1,9%, misurano l’andamento delle vendite on-line effettuate da imprese o stabili organizzazioni residenti in Italia a controllo nazionale o estero, la cui attività economica prevalente o esclusiva è la vendita al dettaglio attraverso internet. Si tratta, dunque, di un indicatore sulle vendite delle imprese del settore commerciale residenti nel nostro Paese e non di un indicatore degli acquisti effettuati tramite internet dai consumatori residenti”. In pratica se un consumatore acquista su un sito gestito da un’impresa residente in Italia, questo verrà colto dall’indicatore dell’Istat. Non avverrà così se invece l’acquisto viene fatto su un sito estero.

Fra i prodotti non alimentari, gennaio 2018 registra andamenti negativi per quasi tutte le categorie ad eccezione di Altri prodotti, gioiellerie, orologerie (+3,8%) e, in misura molto più contenuta, dei Prodotti di profumeria, cura della persona (+0,1%). I dati negativi più marcati sono per Calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-3,1%), Abbigliamento e pellicceria (-2,7%), Giochi, giocattoli, sport e campeggio (-2,6%) Cartoleria, libri, giornali e riviste (-2,5%).

Qual è dunque il quadro che questi dati fotografano per i consumatori? Il Codacons non ha dubbi: dimostrano il fallimento dei saldi. Per l’associazione “i saldi non hanno fatto registrare alcuna ripartenza delle vendite”. Sostiene il presidente Codacons Carlo Rienzi: “I dati Istat decretano ufficialmente la morte dei saldi di fine stagione in Italia. Tutte le rilevazioni Codacons sull’andamento negativo delle vendite durante il periodo degli sconti ancora una volta sono state confermate, e ora il prossimo passo sarà celebrare il funerale dei saldi di fine stagione, attraverso un provvedimento normativo che liberalizzi in tutto il paese gli sconti, lasciando ai commercianti la facoltà di scegliere quando e come scontare la propria merce. Il prossimo Governo – prosegue Rienzi – dovrà necessariamente mettere mano al settore del commercio, perché le abitudini dei consumatori sono profondamente cambiate anche grazie all’avvento dell’e-commerce, rendendo i saldi obsoleti e non più allettanti. Se ciò non avverrà, migliaia di negozi saranno costretti a chiudere i battenti nel prossimo biennio, perché non in grado di affrontare la concorrenza dello shopping online e gli sconti praticati tutto l’anno dai portali dell’e-commerce”.

Di “dati pessimi” parla l’Unione Nazionale Consumatori. Per il presidente dell’associazione Massimiliano Dona “sarebbe disastroso aumentare l’Iva che, essendo un’imposta proporzionale, colpirebbe molto di più le famiglie povere e numerose, e avrebbe solo l’effetto di reprimere ulteriormente i consumi. Solo il commercio elettronico regge, – sottolinea Dona – a dimostrazione del fatto che i negozi tradizionali oggi devono sempre più poter competere ad armi pari con chi fa vendite on-line. Ecco perché è importante che in questa legislatura nessuno faccia passi indietro sulla possibilità di poter aprire il proprio esercizio commerciale quando si vuole, anche nei giorni festivi e 24 ore su 24″.

“Così come il Natale non era riuscito a risollevare le vendite a dicembre, i saldi non sono riusciti a smuovere l’andamento del commercio a gennaio”, evidenzia a sua volta Federconsumatori, per la quale dai dati Istat “emerge chiaramente la debolezza e la mancanza di elementi strutturali capaci di sostenere una ripresa ancora fragile, che si fa sempre più debole e incerta”. Per l’associazione bisogna adottare strategie per la crescita e dunque “avviare lo stanziamento di investimenti per la modernizzazione, lo sviluppo e la ricerca, assumendo inoltre un impegno deciso per una ripresa del lavoro stabile e di qualità, nonché per la redistribuzione dei redditi”.


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